
Ci sono parole che gelano il sangue. Una di queste è “genocidio”. Non è solo un termine morale o storico, ma una precisa categoria giuridica. È il crimine internazionale per eccellenza, quello che l’umanità ha deciso di non poter più tollerare, almeno sulla carta. Ma cosa significa davvero genocidio secondo il diritto? Come si distingue da altri crimini? E, soprattutto, quali sono le implicazioni per chi viene accusato di averlo commesso – che si tratti di individui o addirittura di Stati?
Una definizione per l’indicibile
La definizione di genocidio è contenuta nella Convenzione ONU del 1948, adottata dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale e dell’Olocausto. È un crimine “con intento” — un intento preciso: quello di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo etnico, nazionale, razziale o religioso. Non si tratta, dunque, solo di uccidere o perseguitare. Il genocidio implica un disegno deliberato, pianificato, di annientamento collettivo. È questo l’elemento che più lo distingue da altri crimini internazionali, come i crimini contro l’umanità o i crimini di guerra.

La sfida della prova e il ruolo della giurisprudenza

A rendere difficile l’accertamento giuridico del genocidio è proprio la necessità di provare l’intenzione distruttiva. I Tribunali internazionali, come l’ICTR per il Ruanda e l’ICTY per l’ex Jugoslavia, hanno svolto un ruolo fondamentale per chiarire cosa si intenda per genocidio “parziale” (caso Krstić) o per atti come lo stupro usati come strumenti di annientamento (Akayesu).
Nel 2007, la Corte Internazionale di Giustizia (CIJ) ha riconosciuto che il massacro di Srebrenica costituì un genocidio, pur senza attribuire direttamente alla Serbia l’intento distruttivo. Tuttavia, la Corte condannò lo Stato serbo per omessa prevenzione e mancata collaborazione con la giustizia.
Quando lo Stato è sotto accusa: il caso di Gaza
Il genocidio, però, non è solo un capitolo del passato. Nel 2024, per la prima volta, uno Stato democratico – Israele – è stato accusato formalmente di genocidio di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia. La denuncia è stata presentata dal Sudafrica, ai sensi dell’articolo IX della Convenzione sul genocidio, in relazione alla condotta militare di Israele nella Striscia di Gaza, nel contesto del conflitto con Hamas esploso a partire dal 7 ottobre 2023.
Il ricorso non riguarda tanto la legittimità della guerra, quanto la proporzionalità e l’intenzionalità delle azioni compiute in un’area densamente popolata, dove oltre 30.000 civili palestinesi (dati ONU aggiornati a metà 2025) hanno perso la vita, tra cui moltissimi bambini.
Il Sudafrica ha sostenuto che: gli attacchi indiscriminati e sistematici contro infrastrutture civili essenziali (ospedali, scuole, riserve d’acqua) le dichiarazioni pubbliche di alcuni leader israeliani che descriverebbero i palestinesi come “animali umani” e l’impedimento dell’accesso agli aiuti umanitari potrebbero configurare atti genocidari, ai sensi dell’articolo II della Convenzione.
La risposta della Corte: misure provvisorie e attesa del giudizio finale
A gennaio 2024, la CIJ ha emesso un’ordinanza cautelare, disponendo misure urgenti: evitare atti che possano costituire genocidio, garantire l’accesso agli aiuti umanitari, e riferire periodicamente alla Corte sulle misure adottate.
È importante sottolineare che la Corte non ha (ancora) stabilito se Israele abbia commesso un genocidio. L’ordinanza non pregiudica il merito, ma riconosce che esiste un rischio plausibile di violazione della Convenzione.
Inoltre, a maggio 2025, il Procuratore della Corte Penale Internazionale, Karim Khan, ha chiesto l’emissione di mandati di arresto per Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant, non per genocidio, ma per crimini di guerra e contro l’umanità. L’iniziativa ha suscitato profonde tensioni geopolitiche, ma conferma che il diritto penale internazionale non guarda più in faccia ai potenti.
Genocidio o crimine di guerra? Il confine è sottile, ma decisivo

Molti giuristi ed esperti si interrogano su cosa distingua davvero un genocidio da altri crimini internazionali. La differenza è sottile, ma cruciale: mentre i crimini di guerra si riferiscono a condotte illecite durante un conflitto armato (come attacchi sproporzionati o uso di armi vietate), il genocidio implica un progetto di annientamento collettivo fondato sull’identità del gruppo. Nel caso di Gaza, la controversia giuridica ruota intorno all’intenzionalità: Israele sostiene di colpire obiettivi militari e di agire in autodifesa; l’accusa è che le modalità, la scala e il linguaggio usato tradiscano un intento più profondo, che andrebbe ben oltre la legittima difesa.
Il diritto come argine alla violenza di Stato
Il caso Gaza contro Israele rappresenta una svolta storica, qualunque sarà l’esito finale. Per la prima volta, la CIJ è chiamata a valutare se un’operazione militare condotta da uno Stato democratico possa superare il limite e configurare un genocidio. Che si tratti di Israele, Myanmar o qualsiasi altro Stato, il messaggio del diritto internazionale è chiaro: nessuno è al di sopra della legge. L’immunità sovrana non protegge dal giudizio morale, né – oggi più che mai – da quello giuridico.
Conclusione: il crimine che mette in crisi il diritto
Il genocidio non è solo un orrore storico: è una ferita giuridica sempre aperta. Lo è stato in Ruanda, in Bosnia, in Myanmar. E forse, oggi, anche in Palestina. Ma riconoscerlo non è mai semplice, né scontato. Il diritto internazionale si muove lentamente, con cautela, spesso criticato per la sua apparente impotenza. Ma ogni parola pronunciata da una Corte, ogni definizione tracciata con rigore, rappresenta un tentativo di dare senso e responsabilità all’indicibile. Se il genocidio è il crimine dei crimini, il diritto è il linguaggio che prova a nominarlo – per non dimenticarlo, e per tentare di impedirlo ancora.
Fonti normative e giurisprudenziali: (Convenzione ONU per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio (1948) Statuto della Corte Penale Internazionale, art. 6 CIJ, Bosnia v. Serbia, Sentenza del 26 febbraio 2007 CIJ, South Africa v. Israel, Ordinanza sulle misure provvisorie, 26 gennaio 2024 CPI, Richiesta di mandati di arresto contro Netanyahu e Gallant, maggio 2025)
Oscar







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