Napoli. Quest’oggi, 19 dicembre 2025, nella Sala Galasso della Società Napoletana di Storia Patria, presso Castel Nuovo, si è svolta l’iniziativa “Sì parte!”, promossa dal Comitato Sì Separa, nell’ambito del dibattito pubblico sul referendum relativo alla separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente.

L’incontro, moderato da Gaia Tortora, e introdotto dal professor Vincenzo Maiello dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, con i saluti di Ugo de Flaviis, referente Campania della Fondazione Einaudi, Pier Camillo Falasca, direttore de L’Europeista, Carmine Foreste, presidente dell’Ordine degli avvocati di Napoli, e Marco Muscariello, presidente della Camera Penale di Napoli, ha visto la partecipazione di Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Einaudi, Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato Sì Separa, di Antonio Di Pietro, ex magistrato, e di Andrea Cangini, segretario generale della Fondazione Einaudi.
L’evento, con la partecipazione di esponenti del mondo giuridico, accademico e istituzionale, é stato un momento di riflessione articolata sull’assetto costituzionale del processo penale e sull’evoluzione dell’ordinamento giudiziario.

La posizione dell’Avvocatura: parità delle parti e terzietà del giudice
Il contributo dell’avvocatura, espresso dal Presidente dell’Ordine degli Avvocati, ha rivendicato con chiarezza una posizione definita come eminentemente tecnica. Il punto di partenza è il richiamo alla Costituzione e al codice di procedura penale, considerati come coordinate imprescindibili per valutare la riforma.

Secondo questa impostazione, il processo penale di tipo accusatorio, introdotto con il codice del 1989, resta strutturalmente incompiuto se il principio della parità tra le parti non trova un corrispondente assetto ordinamentale. La distinzione tra separazione delle funzioni e separazione delle carriere assume, in tale prospettiva, un significato decisivo: la prima, da sola, non è sufficiente a garantire una effettiva terzietà del giudice, che deve essere non solo reale, ma anche percepibile dal cittadino.
La separazione delle carriere viene dunque presentata come uno strumento volto a rafforzare la fiducia nel processo e a dare piena attuazione al diritto costituzionale a un giudice terzo e imparziale. In questo quadro si colloca anche la critica a un sistema di valutazione della magistratura caratterizzato da percentuali di giudizi positivi prossime alla totalità, difficilmente conciliabili con i dati relativi alle ingiuste detenzioni e alle disfunzioni del sistema.
Maiello: il referendum come scelta tra due modelli di processo
L’intervento introduttivo di Vincenzo Maiello ha collocato il tema della separazione delle carriere in una prospettiva storico-costituzionale più ampia. Il referendum viene descritto come il luogo di confronto tra due visioni del diritto e dello Stato: da un lato, una concezione del processo segnata da residui autoritari; dall’altro, il tentativo di completare la scelta accusatoria operata dalla Repubblica.

Il riferimento al codice di procedura penale del 1989 non è solo storico, ma sistematico. Quella riforma rappresentò la prima grande opzione codicistica a favore di un processo fondato sulla presunzione di non colpevolezza e sulla parità tra accusa e difesa. Tuttavia, le successive pronunce della Corte costituzionale nei primi anni Novanta ne hanno messo in luce le criticità, conducendo alla riforma dell’art. 111 della Costituzione.
Secondo la lettura proposta, anche l’art. 111 Cost. si è rivelato insufficiente nella misura in cui non ha inciso sul piano ordinamentale. Senza una separazione delle carriere, la parità delle armi rischia di restare una formula programmatica, priva di piena effettività. Il referendum, dunque, viene interpretato come un passaggio decisivo per “blindare” il modello accusatorio e sottrarre il processo penale a una persistente ambiguità strutturale.
Cangini: terzietà e interesse del cittadino
Andrea Cangini ha ricondotto il tema della separazione delle carriere al punto di vista del cittadino, sottolineando come la questione investa direttamente le garanzie fondamentali della persona. Il dato delle ingiuste detenzioni viene assunto come indice concreto delle criticità del sistema e come argomento a favore di una riforma capace di rafforzare la terzietà del giudice.
La riflessione si concentra anche sulle dinamiche interne alla magistratura, in particolare sul ruolo del correntismo e sulla sua incidenza nei percorsi professionali. In questo contesto, la separazione delle carriere viene presentata come uno strumento idoneo a ridurre la commistione tra accusa e giudizio e a restituire centralità all’indipendenza individuale dei magistrati. Il raffronto con gli ordinamenti democratici occidentali rafforza l’argomento: la distinzione tra giudicante e requirente costituisce, in tali sistemi, una regola diffusa, mentre l’assetto italiano appare come un’eccezione difficilmente giustificabile alla luce dei principi dello Stato di diritto.
Caiazza: testo della riforma e narrazione oppositiva
L’intervento di Gian Domenico Caiazza ha affrontato il nodo della rappresentazione pubblica della riforma, concentrandosi sulla distanza tra il contenuto normativo del testo e alcune argomentazioni critiche emerse nel dibattito.

Particolare attenzione è stata dedicata alla tesi secondo cui la separazione delle carriere comporterebbe una subordinazione del pubblico ministero al potere politico. Tale ricostruzione viene contestata sul piano giuridico, richiamando il primo comma dell’art. 104 Cost., che sancisce l’indipendenza della magistratura da ogni altro potere. La riforma, secondo questa lettura, non solo non introduce forme di assoggettamento, ma le esclude espressamente.
Il cuore della questione viene individuato, piuttosto, nel ruolo dell’Associazione Nazionale Magistrati e nel funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura, progressivamente assimilato, nella prassi, a un organo di rappresentanza politica interna. In tale prospettiva si colloca anche il dibattito sul sorteggio, interpretato come strumento di rottura di equilibri correntizi più che come attentato all’indipendenza della magistratura.









L’incontro di Napoli ha offerto uno spaccato significativo del dibattito sulla separazione delle carriere, mettendo in luce come la questione travalichi la dimensione contingente del confronto politico per investire l’assetto stesso del processo penale e dell’ordinamento giudiziario. La separazione delle carriere viene concepita come riforma di sistema, finalizzata a rendere effettiva la scelta accusatoria e a rafforzare la fiducia del cittadino nella giurisdizione. In questa prospettiva, il referendum si configura non come un giudizio su singole categorie, ma come una decisione sull’architettura delle garanzie nello Stato costituzionale di diritto.
Oscar






Lascia un commento