La decisione di autorizzare la proroga delle intercettazioni rientra pienamente nell’esercizio della funzione di giudice per le indagini preliminari, considerata incompatibile dal codice di rito con quella di giudice per l’udienza preliminare atteso che non figura tra le ipotesi derogatorie tassativamente elencate nel codice stesso. Così ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, con la sentenza n. 55231/18, depositata il 10 dicembre 2018.
L’interessante pronuncia che oggi commentiamo, oltre a segnalarsi per la chiarezza espositiva – connotazione sempre ben accolta dagli addetti ai lavori – si distingue perchè segna un punto a favore della concretizzazione del principio di terzietà ed impregiudicatezza del giudicante. Il caso che vi sta alla base è estremamente semplice: un GUP viene ricusato dalle difese di alcuni imputati perchè, durante la fase delle indagini preliminari, ha autorizzato, in qualità di GIP, la proroga di alcune intercettazioni telefoniche riguardanti anche quei determinati soggetti. La richiesta viene respinta, e da qui il ricorso per cassazione affidato ad un’argomentazione alquanto lineare: nel codice di rito si prevede espressamente che il giudice per le indagini preliminari non possa celebrare l’udienza preliminare, tranne in casi rari e circoscritti espressamente elencati. Non è previsto, tra le circostanze derogatorie, il rilascio dell’autorizzazione alla prosecuzione delle intercettazioni. Tutto sembrerebbe chiaro e lampante. Eppure, manco a dirlo, così non è: due orientamenti, almeno fino ad oggi, si sono contesi il terreno operativo.
La norma sulla incompatibilità endoprocessuale del giudice, per avere questi adottato specifici provvedimenti in altre e diverse fasi del processo, è un istituto che nasce con il codice, ma che ha subito negli anni un’intensa attività di maquillage, tanto che i suoi connotati appaiono oggi molto dissimili da quelli che possedeva in partenza: il bisturi che ne ha stravolto i lineamenti è stato impugnato a più riprese dalla Consulta e dal legislatore, entrambi animati dall’intento di garantire – non soltanto a parole – il principio di terzietà ed impregiudicatezza del giudicante. Si è così stabilito che il giudice per le indagini preliminari non possa celebrare l’udienza preliminare: l’obiettivo della norma è quello di impedire che l’espressione di una qualsiasi valutazione sulla pregnanza dell’accusa possa influenzare il successivo giudizio di necessità/superfluità dell’accertamento dibattimentale (nel caso di svolgimento dell’udienza preliminare “classica”) o di colpevolezza/innocenza (nel caso di accesso ad un rito alternativo). Il principio va sotto il pomposo nome di “alterità soggettiva” tra GIP e GUP. Eppure, nonostante questo indirizzo di pensiero, trasformato in norma positiva, non sono mancati i dubbi: uno di essi riguarda proprio l’autorizzazione alla proroga delle intercettazioni. Una decisione della Sesta Sezione del 2017 ha, invero, affermato il principio secondo cui essa non intaccherebbe la verginità del giudice, in ragione del fatto che l’autorizzazione genetica alla captazione proviene da altro magistrato: autorizzare la proroga non avrebbe carattere decisorio.
Un altro orientamento, sempre della Sesta Sezione ma risalente al 2016 ed oggi prescelto, afferma invece il principio nettamente opposto: le eccezioni alla incompatibilità soggettiva tra GIP e GUP sono tassative, e tra esse non figura l’autorizzazione alla proroga. Ebbene sì: il legislatore, come spesso accade, crea la norma e poi si rende conto che così com’è non può funzionare. L’affermazione di principio secondo cui il chi ha svolto funzioni di GIP non può ricoprire, nel medesimo procedimento, anche quelle di GUP era lineare ma troppo drastica: l’ennesimo intervento di chirurgia plastica è servito ad introdurre, con la consueta opera di novellazione che rende i codici di procedura caduchi come le foglie d’autunno, una sequenza di eccezioni alla regola generale. Sono tassative oppure no? Gli Ermellini ritengono – e gliene siamo grati – di sì: le circostanze che consentono al GIP di essere anche GUP nello stesso procedimento nascono come deroghe e, come tali, vanno considerate di stretta interpretazione. Per addivenire a questa conclusione si è fatto appello ai principi generali del diritto, ai quali va aggiunto un rilievo del tutto intuitivo: valutare la necessità di proseguire nella captazione delle conversazioni telefoniche, atto d’indagine certamente invasivo, comporta una previa valutazione della consistenza dell’ipotesi d’accusa e dei progressi (o dei regressi?) che quest’ultima ha compiuto dopo lo spirare del “primo step” temporale. Non è forse questa una valutazione pre-giudicante?
a cura di Alessandro Gargiulo