Vittoria per l’oramai ex dipendente di un’azienda. Riconosciuto il suo diritto ad ottenere il pagamento della indennità di preavviso e dell’indennità supplementare. Evidente la dequalificazione da lui subita. Respinta però la sua richiesta di risarcimento per il danno all’immagine subito (Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 175/2019, depositata l’8.1.2019).
Da dirigente a semplice venditore: evidente il demansionamento subito dal lavoratore. Logico, quindi, parlare di “giusta causa delle dimissioni” da lui rassegnate dopo due mesi dequalificanti.
Consequenziale la condanna dell’azienda a versare all’ex dipendente l’indennità sostitutiva del preavviso e l’indennità supplementare.
Respinta invece la richiesta di risarcimento presentata dal lavoratore per il “danno morale” subito.
Decisivo il passaggio in Corte d’Appello. Lì, difatti, i Giudici ritengono evidente, contrariamente a quanto stabilito in Tribunale, «il demansionamento» vissuto dall’oramai ex dirigente di un’azienda.
In particolare, in secondo grado, viene evidenziato che all’uomo erano state originariamente affidate «le mansioni di responsabile vendite» per due regioni, mansioni che «avevano implicato il coordinamento e la direzione del personale addetto a tali vendite, l’effettuazione di nuove assunzioni, la disposizione di ‘piani ferie’, la programmazione degli orari di apertura e di chiusura dei ‘punti vendita’», mentre dal dicembre 2008, a seguito di una comunicazione aziendale, egli «era stato per qualche tempo inoperoso» e poi era stato «adibito a mansioni di semplice venditore», prima di «rassegnare le dimissioni» a marzo 2009.
Evidente, secondo i giudici d’Appello, «l’esistenza di una giusta causa di dimissioni».
Identica valutazione è compiuta dai magistrati della Cassazione, i quali respingono le osservazioni proposte dai legali della società.
Decisiva la constatazione che nei primi mesi del 2009 «le mansioni del dirigente erano consistite in attività di semplice venditore per telefono, con compito di prendere appuntamenti telefonici con gli addetti per gli acquisti da parte di società o di enti, e sollecitare le vendite».
Nessun dubbio, quindi, sul peggioramento subito a livello di operatività, che, anche secondo i giudici della Cassazione, ha spinto il dipendente a «dare le dimissioni».
Vittoria, quindi, per il lavoratore, che però si vede comunque negato il «risarcimento morale». Irrilevante, a questo proposito, è ritenuto il richiamo da lui fatto alle «conseguenze prodottesi, a causa della sua retrocessione a venditore, in termini di diffusione tra i colleghi di dubbi sulle sue capacità professionali», dubbi che, a suo dire, «si diffondevano anche all’esterno dell’azienda, nell’ambito di altre ditte operanti nel settore». Per i giudici, difatti, manca la ‘prova provata’ del «danno all’immagine» lamentato dall’ex dirigente.
a cura di Alessandro Gargiulo