Nel caso di trafugamento di un assegno bancario e incasso della provvista in favore di un soggetto diverso dall’effettivo beneficiario, la sussistenza della responsabilità della banca negoziatrice del titolo in ordine ai danni di conseguenza generatisi non esclude che il danno possa essere, in concreto, imputabile anche al concorso colposo dello stesso danneggiato/creditore, ai sensi dell’art. 1227 c.c. (Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 6979/2019, depositata l’11.3.2019).
Una Compagnia di assicurazioni, al fine di disporre il pagamento di un risarcimento, aveva dato istruzioni alla propria banca in ordine alla compilazione e spedizione di un assegno bancario di traenza non trasferibile in favore del danneggiato. Il titolo, tuttavia, spedito a mezzo posta ordinaria, era stato trafugato e l’incasso della provvista era avvenuto in favore di un soggetto diverso dal legittimo beneficiario. La Corte di Appello di Torino – in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Biella che aveva rigettato la domanda di risarcimento svolte dalla Compagnia di assicurazioni – accertava la responsabilità della banca negoziatrice ma, in applicazione dell’art. 1227 c.c., accertava altresì il concorso di colpa della Compagnia di assicurazioni e, pertanto, riduceva il risarcimento a carico della banca della misura del 50%. La Compagnia di assicurazioni ricorreva quindi in Cassazione.
La Corte conferma le statuizioni della Corte d’Appello di Torino confermando il principio espresso anche dalle Sezioni Unite secondo il quale la sussistenza della responsabilità della banca negoziatrice del titolo in ordine ai danni di conseguenza generatisi non esclude che il danno possa essere, in concreto, imputabile anche al concorso colposo dello stesso danneggiato/creditore, ai sensi dell’art. 1227 c.c. (Cass. SSUU n. 12477/2018). In ordine al concorso di colpa, i profili di negligenza erano stati individuati dalla Corte d’Appello nelle seguenti circostanze di fatto imputabili alla Compagnia di assicurazioni: a) l’aver compilato l’assegno con la sola indicazione del nominativo del beneficiario, senza indicazione delle altre generalità; b) l’aver omesso di segnalare che si trattava di un assegno rubato; c) l’aver spedito il titolo a mezzo di semplice posta ordinaria, in violazione dell’art. 83, r.d. 156/1973. In relazione a quest’ultimo profilo la Suprema Corte incidentalmente osserva che in realtà tale norma si riferisce esclusivamente ai rapporti fra Poste Italiane e cliente e non anche ai rapporti tra quest’ultimo e i terzi e che l’assegno di traenza non è nemmeno ricompreso fra i valori che la norma menziona; il ricorrente tuttavia non ha proposto nessuna censura sul punto sicché il ricorso viene integralmente rigettato.
a cura di Alessandro Gargiulo