Disagio sociale e fasce deboli: la violenza dilagante nella società dell’Oggi. Intervista a Diana Russo, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri


Dott.ssa Diana Russo

Diana Russo è magistrato dal 2009. È stato Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord e ha ricoperto le medesime funzioni presso la Procura di Palermo. Si occupa di reati in materia di “fasce deboli” (maltrattamenti in famiglia, pedofilia, pedopornografia, violenza sessuale, stalking, prostituzione, immigrazione e animali), settore per cui ha curato pubblicazioni e ricoperto incarichi di docenza. Attualmente è Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri (RM).

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Dott.ssa Russo la contemporaneità ci rende partecipi, spesso spettatori inconsapevoli, di una violenza dilagante. La difficoltà delle Procure in termini pratici, diventa maggiore ad ogni anno che passa.

«Il fenomeno della violenza di genere è oggetto di particolare interesse da parte del legislatore che, anche sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla Comunità Europea, ha negli ultimi anni emanato numerose disposizioni finalizzate a contrastarlo. Ciò ha comportato, fra l’altro, l’implementazione delle procedure attraverso l’adozione di particolari cautele volte a salvaguardare la vittima e la genuinità delle relative dichiarazioni (si pensi, ad esempio, alla norma che impone alla Polizia Giudiziaria e al Pubblico Ministero di avvalersi dell’ausilio di un esperto in psicologia per la assunzione di sommarie informazioni dalla cosiddetta vittima vulnerabile). Tutto questo si traduce in un maggiore impegno dei magistrati, anche in termini di tempo da dedicare a ciascun caso, specie in considerazione delle risorse talvolta numericamente limitate a disposizione degli uffici».

I reati di violenza sessuale, stalking, violenza familiare e abuso su minori sono in costante aumento. Eppure – specie negli ultimi anni – l’informazione e l’operato di enti ed associazioni sulla violenza di genere avrebbe dovuto “contenere” il fenomeno. E invece si assiste all’esatto opposto.

«Ad essere in aumento non sono gli episodi di violenza, bensì le relative denunce. Si tratta di un dato positivo in quanto indicativo di una maggiore fiducia nelle forze dell’ordine e nella magistratura che ha portato alla emersione della casistica. L’impegno delle Istituzioni deve tuttavia essere costante affinché le vittime intraprendano e proseguano in maniera consapevole il percorso giudiziario».

Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord (Aversa – CE) si è occupata prevalentemente di reati di maltrattamento e uccisione di animali. Dal Procuratore capo Francesco Greco è stato istituito un gruppo specializzato che ha precise competenze sui reati in danno di animali e di cui Lei ha fatto parte.

«Negli ultimi anni si registra in diversi settori, ivi compreso quello giuridico, una attenzione crescente verso gli animali, considerati meritevoli di tutela non più solo in funzione del soddisfacimento di interessi umani, bensì quali autonomi beni giuridici. L’ordinamento italiano risulta ancora inadeguato a tale scopo, benché numerose pronunce giurisprudenziali riconoscano una sia pur limitata soggettività giuridica agli animali. La specializzazione degli operatori è quanto mai opportuna sia in considerazione della congerie di norme che governano questo settore (accanto alle disposizioni del codice penale vi sono, infatti, svariate leggi speciali) sia per le difficoltà correlate agli accertamenti tecnici da svolgere e alla eventuale gestione degli animali in sequestro. L’esperienza della partecipazione al gruppo istituito dal Procuratore Greco è stata per me fonte di arricchimento umano e professionale».

Dott.ssa Raffaelle Perrella e Dott.ssa Diana Russo

Ultimamente è uscito un saggio scritto a quattro mani con la Dott.ssa Raffaella Perrella, psicologa e psicoterapeuta, Consulente Tecnico presso Procure e Tribunali “La psicodinamica della relazione nelle procedure di valutazione giuridica. Il ruolo dello psicologo nel procedimento penale” edito da FrancoAngeli Edizioni, testo rivolto al mondo del diritto e della psicologia per la migliore comprensione e realizzazione del complesso iter della valutazione psicologica in ambito penale. Il testo nasce, naturalmente, da casi pratici. C’è un caso specifico che l’ha colpita in modo particolare e perché?

«Ciò che mi appassiona delle cosiddette Fasce deboli è il contatto umano e la continua interazione con le persone. Da operatori del settore ne attraversiamo le vite, spesso prendiamo decisioni destinate ad inciderle, proviamo a offrire alle vittime una seconda chance auspicando che le nostre scelte vengano recepite e condivise. Molte di loro hanno lasciato in me un segno, non tanto per le storie che hanno vissuto, quanto per il modo in cui le hanno raccontate. Sto progettando di raccoglierle nel prossimo libro: non spoileriamo!»

La risposta “giusta” della Società ai fenomeni di violenza: quali le possibili risoluzioni?

«La violenza di genere – segnatamente nei confronti della donna – è un fenomeno culturale, retaggio di convenzioni sociali storicamente esistenti che hanno determinato una diseguale distribuzione di potere fra uomo e donna e la conseguente discriminazione di quest’ultima. Alla risposta sanzionatoria occorre quindi affiancare, in chiave preventiva, l’impegno socio-culturale (incontri nelle scuole e con la cittadinanza ecc.) finalizzato a sradicare siffatti convincimenti. Sarebbe inoltre auspicabile, come accennato prima, la predisposizione, attraverso la rete (servizi sociali, forze dell’ordine, sanità, istruzione, Istituto case popolari, case di accoglienza per donne maltrattate, ecc.) di strumenti finalizzati a incoraggiare le donne a denunciare le violenze e, sopratutto, proseguire con coerenza il percorso giudiziario intrapreso: mi riferisco a misure concrete quali, in particolare, una sistemazione alloggiativa alternativa e un’occupazione lavorativa che, oltre a garantirle risorse economiche, restituisca dignità alla persona offesa».

Dott.ssa Russo, la maggioranza di persone, in specie i ragazzi, vivono una doppia realtà costituita dall’uso costante e ripetuto della rete e dei social. Strumenti che alterano in un certo senso la percezione della realtà e spingono ad agire e sentire in maniera esponenziale, conducendo – spesso – verso condotte illecite, vergognose ed intollerabili. Forse il nostro tempo è permeato un po’ troppo di un possibilismo di tipo permissivo. Crede che una migliore certezza del diritto con maggiore efficacia delle sanzioni possa risolvere o complicare? O rischierebbe di rendere vano ogni ulteriore intervento di risoluzione del problema o del fenomeno?

«La diffusione delle nuove tecnologie e l’utilizzo precoce degli strumenti informatici se, per un verso, contribuisce al progresso sociale, per l’altro favorisce il cosiddetto crimine informatico (inteso sia come impiego di tecnologia informatica per la realizzazione di reati tradizionali sia come emersione di nuove fattispecie tipicamente correlate all’uso della rete) di cui i minori sono spesso autori o vittime inconsapevoli. Anche in questo campo ritengo indispensabile una massiccia opera di educazione rivolta sia ai minori, affinchè prendano coscienza dei rischi ai quali la navigazione può esporli, sia agli adulti, perchè vigilino sul relativo utilizzo da parte dei propri figli»

Nel ringraziarla, La invito ad un ulteriore riflessione. Quanto può contare l’esempio, positivo o negativo che sia, oggi?

«L’esempio conta spesso più delle parole ed è il modo migliore per educare; inoltre il buon esempio da parte di chi educa (o di chi giudica) è un imprescindibile messaggio di coerenza. Naturalmente anche i cattivi esempi possono essere contagiosi al pari di quelli buoni, se non di più, in quanto spingono al comportamento imitativo e inoltre non è sempre immediato, per i più giovani, distinguere gli uni dagli altri. Anche per questo ritengo che una buona formazione socio-culturale a tutti i livelli e in tutti i settori possa rappresentare un valido rimedio contro la violenza».

a cura di Argia di Donato

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