“Insolito Feuilleton”. Lo strano caso dell’Avvocato Grenouille. Capitolo II


Dall’episodio precedente… Al piano 30, segnato di verde sul display dell’ascensore, la porte scorrevoli si aprirono e davanti agli occhi dello smilzo legale si stagliò un corridoio lunghissimo fatto di mattonelle macchiate. In fondo si intravedevano alcune porte grigio topo.

Non poteva crederci, tante, troppe porte. Cosa ci sarebbe stato dietro ognuna di loro? Impossibile, pensò, scoprirlo. Non ne avrebbe cavato un ragno dal buco, non aveva tempo e non voleva passare tutto il giorno nel vecchio Palazzo di Giustizia.Ma doveva trovare il maledetto ufficio delle produzioni “messe da parte“. Finalmente, dopo un’amnesia insolita, aveva ricordato come mai cercava quell’ufficio. Doveva scovare una produzione del suo nuovo cliente.

***

Il Sig. Marmotte si era presentato, infatti, una settimana prima al suo studio. Dopo un’attesa di una buona mezz’ora, così come da istruzioni che Grenouille aveva dato alla signorina Oie, sonnecchiando grasso e pingue come un porcellino si era accomodato alla scrivania posando il cappello sulla pila di faldoni che si abbarbicavano verso l’alto.

“Avvocato – ansimando e sudando – Lei mi deve aiutare!”

“Qui abbiamo una soluzione ad ogni problema – aveva laconicamente affermato Grenouille – stia calmo e mi dica”.

“Dobbiamo stare attenti, avvocato la cosa è seria. Lei non ne deve parlare con nessuno, perchè a rischiare qui è la vita stessa mia e da adesso anche sua”

“Suvvia – aveva ribattuto il legale – non sia melodrammatico, piuttosto mi dica il problema.”

Il racconto di Marmotte aveva dell’assurdo. A causa di un problema legale si era rivolto ad uno dei milioni di avvocati che affollavano l’albo forense pensando che uno valesse l’altro e durante il primo grado di giudizio, a causa di un intoppo senza alcuna spiegazione il processo era stato bruscamente sospeso e la produzione di parte contenente la documentazione opportunamente fascicolata e cucita alla vecchia maniera, era stata estrapolata dal fascicolo d’ufficio e messa da parte da qualche parte, in un ufficio che secondo le ricerche del precedente avvocato era l’Ufficio delle produzioni messe da parte di cui Grenouille non aveva mai sentito parlare, prima di allora. La preoccupazione del Sig. Marmotte consisteva in un’ansia, quasi ossessiva, sulla pericolosità della questione. Egli, infatti, era convinto che in ballo ci fossero questioni assai complesse e che la scomparsa del fascicolo di parte rispondesse a logiche complottiste ed a uno specifico disegno criminoso. Il mandato consisteva nel recupero del fascicolo con la documentazione integra. Ciò che convinse Grenouille ad accettare l’incarico fu il lauto anticipo che Marmotte lasciò alla signorina Oie, forse il più alto che avesse mai ricevuto fino a quel momento. Quindi fece poche domande pensando che sarebbe stato semplice completare il lavoro.

***

Lungo il corridoio fatto fatto di mattonelle macchiate si sentiva un’odore di caffè e cannella, per niente sgradevole. Grenouille si accorse che aveva fame e sete, maledisse se stesso per aver fatto tanto tardi e avanzò verso le porte grigio topo. D’un tratto intravide una sagoma che si muoveva veloce, gli sembrò come quei topini di campagna che vanno zigzando di qua e di là indaffarati. Da lontano sembrava assai piccino, “Mi scusi” tossì l’avvocato “potrebbe aiutarmi?” Lo strano omino si voltò sbuffando, rivelando le sue guance rosse come il vino e aguzzò gli occhi dietro degli occhiali ampi e circolari come due ruote da carro, si protese in avanti tutto ingobbito e infagottato in un gilet verde muschio. L’avvocato Grenouille notò che al posto delle scarpe indossava pantofole di feltro viola. Cosa assai strana, pensò ma non se ne curò più di tanto.

“Ditemi, che vi serve?” rispose quello con il naso appuntito sommerso in una pila di scartoffie dai colori più disparati. Poi allungò il collo sottile e lo guardò dritto negli occhi. “Che volete?”

Grenouille stupito ma non per vinto, rispose apatico “Cerco la stanza delle produzioni messe da parte. Voi sapete dove sta?”

L’uomo topo sbiancò, cominciò a tremare e lasciò cadere tutte le carte che aveva in mano che svolazzarono in mille areoplanini colorati che invasero il corridoio.

“La s..sta sta sta…nza d..de..ddel…le pp…pproduzioni mmm…mmm…mmmessss…ssss…ssse dd…dd…ddda ppp…ppparte?”balbettò terrorizzato.

“Che problema hai?” scattò l’avvocato infastidito dal caldo opprimente che improvvisamente aveva occupato l’aria del corridoio. Sembrava che le pareti si fossero ispessite di colpo, trasformandolo in un cunicolo angusto e stretto. L’omino topo di fronte a lui, sudava e tremava come una foglia e questo insolito atteggiamento infastidì Grenouille “Senta, io tempo da perdere non ne ho, sono da stamane in questo maledetto e vecchio Palazzo di Giustizia e vorrei tornare a casa mia, allora? è tanto complicata la domanda?”

“Non sss….sss….sssi arrabbi” piagnucolò quell’inetto “mmm…mmm…mmma ccc..ccc…ccci vuole un ppp…ppp…pppermesso speciale”

” E da chi? Chi me lo deve dare il permesso?”

“Il ddd…ddd…dddirigente del ppp….ppp….pppiano 333…333…3330” sbottò l’uomo topo.

“Portatemi allora da questo dirigente” Grenouille era furioso, sentiva che il tempo scivolata via dalle sue mani come granelli ddi sabbia. E tra sé e sé malediceva il Sig. Marmotte, quel laido reietto, per avergli commissionato un lavoro tanto stupido e ridicolo. Era furioso.

“Aaa…aaa…aaaspettate in quella stanza” e con il dito raggrinzito e scheletrico indicò una porta. Fu un attimo e si dileguò lungo il fondo del corridoio, sbiadendo come fa una bolla di sapone.

Grenouille aprì la porta tarlata e si trovò in una stanza polverosa, lungo le pareti emergevano colonne di mobili archivio e sulla parete di fronte cera una scritta “C.a.n”, strana sigla pensò mentre si grattava il capo nervosamente, imprecando contro se stesso e questa volta per non aver dato ascolto all’altra parte di sé, quella che aveva saggiamente suggerito di mandare tutto al diavolo e tornarsene allo studio. C’era odore di muffa e immondizia dappertutto. Non appena avesse incontrato il dirigente, pensò, ne avrebbe dette di cotte e di crude sullo schifo ed il modo di tenere una stanza di un Palazzo di Giustizia che, anche se vecchio, rimaneva pur sempre un luogo di una certa importanza, e prese a camminare avanti indietro come fosse un condannato a morte, arrabbiato come una belva alla quale hanno portato via il pasto.

Anita P.

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