Abbaiare non è un reato: la posizione della Cassazione


La Cassazione penale con Sentenza n. 17811/19, in conformità ad un univoco orientamento giurisprudenziale, ribadisce che l’abbaio o il latrato del cane che non superi il livello di normale tollerabilità, non va a configurare il reato ex art. 659 c.p. (Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone).

Il caso

Nel caso di una donna, imputata del reato 659 c.p (disturbo della quiete pubblica), sulla scorta della denuncia di una vicina di casa che lamentava disturbo al proprio riposo e difficoltà nel condurre con serenità la propria vita a causa dei latrati dei cani dell’imputata, specie quando ella era fuori casa, il Tribunale pronuncia sentenza di assoluzione ex art. 131 bis cod. pen. (Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto), e ciò nonostante le testimonianze di qualche vicino che confermavano tale disturbo e nonostante gli esami effettuati dal consulente di parte, dal quale erano emerse per tali immissioni, livelli che superavano la normale tollerabilità.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione con la sentenza in parola ha confermato la decisione del Tribunale, negando la sussistenza del reato, in quanto per la configurabilità del reato ex art. 659 c.p. è necessario che le “emissioni sonore rumorose siano tali da travalicare i limiti della normale tollerabilità, in modo da recare pregiudizio alla tranquillità pubblica, e che i rumori prodotti siano, anche in relazione alla loro intensità, potenzialmente idonei a disturbare la quiete ed il riposo di un numero indeterminato di persone“, ancorché non tutte siano state poi in concreto disturbate, sicché “la relativa valutazione circa l’entità del fenomeno rumoroso va fatta in rapporto alla media sensibilità del gruppo sociale in cui tale fenomeno si verifica, mentre sono irrilevanti e di per sé insufficienti le lamentele di una o più singole persone“.

I rumori devono essere, quindi, potenzialmente idonei a disturbare la quiete ed il riposo di un numero indeterminato di persone, ancorché non tutte siano state poi in concreto disturbate, sicché “la relativa valutazione circa l’entità del fenomeno rumoroso va fatta in rapporto alla media sensibilità del gruppo sociale in cui tale fenomeno si verifica, mentre sono irrilevanti e di per sé insufficienti le lamentele di una o più singole persone“.

La Cassazione ha pertanto accolto le censure della ricorrente e ha disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per insussistenza del fatto tipico.

a cura di Redazione

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