
Il giudizio innanzi il Consiglio Nazionale Forense a seguito di ricorso avverso provvedimenti disciplinari emessi dal Consiglio territoriale, pur avendo indubbi connotati impugnatori, non è assimilabile all’appello disciplinato dal codice di procedura civile che si configura come un giudizio di secondo grado avente natura omogenea rispetto a quello di primo grado. Stante la natura amministrativa del provvedimento disciplinare è solo con il ricorso avverso tale procedimento che si instaura, per la prima volta, un procedimento giurisdizionale. Ne deriva che, al ricorso proposta innanzi al CNF avverso la decisione emessa dal Consiglio distrettuale non può ritenersi applicabile il disposto dell’art. 342 codice di rito (Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza n. 34476/2019, depositata il 27.12.2019).
Quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte e autonome rationes decidendi, ognuna delle quali sufficiente da sola a sorreggerla, per giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente censuri tutte le riferite rationes e che tali siano tutte fondate.
Nel caso in esame il Consiglio Nazionale Forense, chiamato a esaminare un provvedimento disciplinare emesso dal consiglio disciplinare distrettuale aveva dichiarato inammissibile il ricorso in quanto, ai sensi dell’art. 342 codice di rito essendosi limitata, la ricorrente, a contestare la decisione nel merito senza indicare le parti del provvedimento che si era inteso impugnare, gli errori nella ricostruzione del fatto e le circostanze da cui era derivata la violazione di legge e la loro rilevanza ai fini della decisione.
La Corte di legittimità, accogliendo il primo motivo di ricorso, ha dichiarato che il CNF avrebbe errato nel ritenere applicabile, al procedimento disciplinare, l’art. 342 codice di rito. Ciò in quanto il giudizio avanti al CNF, pur avendo indubbi connotati impugnatori, non è assimilabile al giudizio di gravame stante la natura amministrativa del provvedimento emesso dal Consiglio distrettuale di disciplina. Vero è che l’art. 59 del r.d. n. 37 del 1942 ove viene statuito che il ricorso deve contenere “l’indicazione specifica dei motivi sui quali si fonda” ma tale norma non richiede forme sacramentali essendo sufficiente, ai fini dell’ammissibilità, che sia individuabile il thema decidendum sottoposto all’esame del Giudice disciplinare.
Qualora la decisione di merito si fonda su autonome, e distinte, rationes decidendi ognuna delle quali è in grado di sostenere la stessa è necessario, qualora si intenda impugnare la stessa avanti alla Corte di legittimità, che tutte vengano censurate e, ai fini della cassazione, che tutti i motivi di doglianza vengano accolti.
Alessandro Gargiulo