L’art. 3, comma 3, della legge Balduzzi trova diretta applicazione anche in tutte le ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad applicare, in pendenza del giudizio, il criterio di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale (con il solo limite del giudicato interno sul quantum), non essendo ostativo il fatto che la condotta illecita sia stata commessa (e il danno si sia prodotto) anteriormente all’entrata in vigore della legge stessa (Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 1157/2020, depositata il 21.1.2020).

L’attrice conveniva in giudizio il medico e le strutture sanitarie in cui questi prestava servizio per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti conseguentemente agli interventi chirurgici cui era stata sottoposta, avendo subito postumi invalidanti da ricondurre alla negligenza e all’imperizia dei sanitari. Il Tribunale accoglieva la domanda attorea condannando il medico e le strutture al risarcimento di cui sopra e individuando la responsabilità professionale del sanitario che aveva eseguito i due interventi. Ad essere risarciti, come individuato anche dai CTU, erano la menomazione dell’integrità fisica della paziente e l’invalidità temporanea collegata alla vicenda sanitaria; per i postumi invalidanti, venivano risarcite all’attrice le spese mediche a titolo di danno patrimoniale futuro nella voce del danno emergente. Anche la Corte d’Appello (adita dal medico e dalle strutture sanitarie), in secondo grado, in parziale riforma della decisione del Tribunale, condannava in solido il medico e le strutture, ritenendo infondata la doglianza relativa all’errata quantificazione del danno, poiché le parti sostenevano che fosse applicabile la legge Balduzzi ai fini della quantificazione dei postumi per micropermanenti anche per i fatti anteriori all’entrata della suddetta norma (l. n. 189/2012). Avverso tale decisione, in particolare una delle due cliniche ricorre per cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, l. n. 189/2012 (legge Balduzzi) in relazione all’art. 11 delle preleggi e agli artt. 1226 e 2056 c.c..
Ai sensi del succitato art. 3, comma 3, l. n. 189/2012, il danno biologico conseguente all’attività dell’esercizio della professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli artt. 139 e 139 d.lgs. n. 209/2005.
Per la ricorrente i parametri indiati dalla legge Balduzzi possono essere applicati anche a fatti anteriori alla sua entrata in vigore, posto che «una legge dello Stato prevale su una prassi giurisprudenziale».
Per la Suprema Corte il ricorso risulta fondato
In realtà, non deve essere trattata la questione della retroattività della legge, ma in particolare, poiché non interviene a modificare con efficacia retroattiva gli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, l’art. 3, comma 3, della legge Balduzzi trova diretta applicazione anche in tutte le ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad applicare, in pendenza del giudizio, il criterio di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale. Ciò perché, non è ostativo il fatto che la condotta illecita sia stata commessa (e il danno si sia prodotto) anteriormente all’entrata in vigore della legge stessa. Ed inoltre, per i Giudici del Supremo Collegio, non può aversi una disparità di trattamento tra soggetti coinvolti in giudizi pendenti e soggetti di giudizi definiti.
Infine, la norma, non incidendo retroattivamente sugli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, si rivolge direttamente al giudice, andando a delimitare il suo ambito di discrezionalità ed indicando il criterio tabellare quale parametro equitativo nella liquidazione del danno. Sulla base di tali considerazioni, la Corte accoglie il motivo di ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte territoriale, in diversa composizione, per nuovo esame.
Alessandro Gargiulo