Parte I
di Federico Iossa
A fronte della recrudescenza derivante dal diffondersi del c.d. Coronavirus, il Governo è ulteriormente intervento con un secondo decreto legge, ossia il decreto legge, 9/11/2020, n. 149, anche noto come decreto ristori bis.

del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli
Orbene, tra le misure ivi previste, vanno annoverate anche alcune inerenti il settore penale, con particolar riguardo alla decisione dei giudizi penali di appello (art. 23) e alla sospensione del corso della prescrizione, ai termini di custodia cautelare nei procedimenti penali nonché alla sospensione dei termini nel procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati (art. 24).
Infine ci sono stati, come prevedibile, ulteriori interventi, rispetto a quella della scorsa primavera, sul procedimento di esecuzione della pena.
Scopo del presente scritto è quindi quello di procedere ad una breve disamina di queste disposizioni legislative per comprendere cosa esse stabiliscono, se e quali conseguenze avranno sull’andamento della Giustizia nel sistema penale italiano.
Disposizioni per la decisione dei giudizi penali di appello nel periodo di emergenza epidemiologica da COVID-19
L’art. 23 del d.l. n. 149/2020 prevede delle disposizioni aventi ad oggetto la decisione nei giudizi penali.
In particolare, al comma primo è disposto che, dalla “data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, fuori dai casi di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, per la decisione sugli appelli proposti contro le sentenze di primo grado la corte di appello procede in camera di consiglio senza l’intervento del pubblico ministero e dei difensori, salvo che una delle parti private o il pubblico ministero faccia richiesta di discussione orale o che l’imputato manifesti la volontà di comparire”.
Pertanto, per effetto di questo precetto normativo, dal 9/11/2020 (ossia la data in cui è entrato in vigore questo decreto di legge) al termine di cui all’articolo 1 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, fuori dei casi in cui si debba procedere a norma dell’art. 603 c.p.p. (“1. Quando una parte, nell’atto di appello o nei motivi presentati a norma dell’articolo 585, comma 4, ha chiesto la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l’assunzione di nuove prove il giudice, se ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. 2. Se le nuove prove sono sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nei limiti previsti dall’articolo 495, comma 1. 3. La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale è disposta di ufficio se il giudice la ritiene assolutamente necessaria. 3-bis. Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. 5. Il giudice provvede con ordinanza, nel contraddittorio delle parti. 6. Alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, disposta a norma dei commi precedenti, si procede immediatamente. In caso di impossibilità, il dibattimento è sospeso per un termine non superiore a dieci giorni”), il processo si svolge in forma camerale e, quindi, a norma dell’art. 127 c.p.p., stante quanto disposto dall’art. 599, c. 1, c.p.p. (“… la Corte provvede in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 127 c.p.p.”), ma con una importante deroga, rispetto a quanto disposto dall’art. 127, c. 3, primo capoverso, c.p.p. (“Il pubblico ministero, gli altri destinatari dell’avviso nonché i difensori sono sentiti se compaiono”), ossia l’udienza si svolge senza che la pubblica accusa e la difesa (sia dell’imputato, che delle parti private) intervengano, salvo che costoro ne facciano richiesta o l’imputato abbia manifestato la sua volontà di presenziare.
Ciò posto, a sua volta al comma secondo è disposto che, entro “il decimo giorno precedente l’udienza, il pubblico ministero formula le sue conclusioni con atto trasmesso alla cancelleria della corte di appello per via telematica ai sensi dell’articolo 16, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, o a mezzo dei sistemi che saranno resi disponibili ed individuati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati” (primo capoverso) mentre dal canto suo la “cancelleria invia l’atto immediatamente, per via telematica, ai sensi dell’articolo 16, comma 4, del decreto-legge 8 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l’udienza, possono presentare le conclusioni con atto scritto, trasmesso alla cancelleria della corte d’appello per via telematica, ai sensi dell’articolo 24 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137” (secondo capoverso).
Quindi, da un lato, l’Autorità requirente trasmette l’atto in cui formula le conclusioni alla cancelleria della Corte di Appello per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e la relazione di notificazione e’ redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria, dall’altro, tale atto viene inviato da questa cancelleria ai difensori delle altre parti entro il quinto giorno da quello in cui deve essere celebrata l’udienza, e questi legali, a loro volta, possono (e quindi non devono) presentare conclusioni, sempre con atto scritto, trasmesso anch’esso alla cancelleria della Corte di Appello per via telematica ai sensi dell’articolo 24 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (“1. In deroga a quanto prevista dall’articolo 221, comma 11, del decreto-legge n. 34 del 2020 convertito con modificazioni dalla legge 77 del 2020, fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, il deposito di memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall’articolo 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale presso gli uffici delle procure della repubblica presso i tribunali avviene, esclusivamente, mediante deposito dal portale del processo penale telematico individuato con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia e con le modalità stabilite nel decreto stesso, anche in deroga alle previsioni del decreto emanato ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24. Il deposito degli atti si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento. 2. Con uno o più decreti del Ministro della giustizia, saranno indicati gli ulteriori atti per quali sarà reso possibile il deposito telematico nelle modalità di cui al comma 1. 3. Gli uffici giudiziari, nei quali è reso possibile il deposito telematico ai sensi dei commi 1 e 2, sono autorizzati all’utilizzo del portale, senza necessità di ulteriore verifica o accertamento da parte del Direttore generale dei servizi informativi automatizzati. 4. Per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2, fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, è consentito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata inserita nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui all’art. 7 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44. Il deposito con le modalità di cui al periodo precedente deve essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati e pubblicato sul Portale dei servizi telematici. Con il medesimo provvedimento sono indicate le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio. 5. Ai fini dell’attestazione del deposito degli atti dei difensori inviati tramite posta elettronica certificata ai sensi del comma precedente, il personale di segreteria e di cancelleria degli uffici giudiziari provvede ad annotare nel registro la data di ricezione e ad inserire l’atto nel fascicolo telematico. Ai fini della continuità della tenuta del fascicolo cartaceo provvede, altresì, all’inserimento nel predetto fascicolo di copia analogica dell’atto ricevuto con l’attestazione della data di ricezione nella casella di posta elettronica certificata dell’ufficio. 6. Per gli atti di cui al comma 1 e per quelli che saranno individuati ai sensi del comma 2 l’invio tramite posta elettronica certificata non è consentito e non produce alcun effetto di legge”).
Detto questo, al comma terzo, primo capoverso, è stabilito che alla “deliberazione la Corte di Appello procede con le modalita’ di cui all’articolo 23, comma 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137” che, a sua volta, statuisce quanto segue: “Nei procedimenti civili e penali le deliberazioni collegiali in camera dì consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge. Nei procedimenti penali, dopo la deliberazione, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l’ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell’inserimento nel fascicolo il prima possibile. Nei procedimenti penali le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle deliberazioni conseguenti alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio, svolte senza il ricorso a collegamento da remoto”.
Oltre a ciò, è previsto che il “dispositivo della decisione è comunicato alle parti” (art. 23, c. 3, secondo capoverso, d.l. n. 149/2020).
Ove invece le parti intendano presenziare in udienza, al comma quarto è disposto che la “richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal pubblico ministero o dal difensore entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell’udienza ed e’ trasmessa alla cancelleria della corte di appello attraverso i canali di comunicazione, notificazione e deposito rispettivamente previsti dal comma 2” (primo capoverso) ed entro “lo stesso termine perentorio e con le medesime modalita’ l’imputato formula, a mezzo del difensore, la richiesta di partecipare all’udienza” (secondo capoverso).
Pur tuttavia, in “deroga alla disposizione di cui al comma 4, nei procedimenti nei quali l’udienza è fissata tra il sedicesimo e il trentesimo giorno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la richiesta di discussione orale o di partecipazione dell’imputato all’udienza è formulata entro il termine perentorio di cinque giorni dall’entrata in vigore del presente decreto” (art. 23, c. 6, d.l. n. 149/2020).
Ciò posto, è infine preveduto che le “disposizioni del presente articolo non si applicano nei procedimenti nei quali l’udienza per il giudizio di appello è fissata entro il termine di quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto” (art. 23, c. 5, d.l. n. 149/2020).
Disposizioni sulla sospensione del corso della prescrizione e dei termini di custodia cautelare nei procedimenti penali, nonché sulla sospensione dei termini nel procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati, nel periodo di emergenza epidemiologica da COVID-19
Per quanto attiene la prescrizione, è disposto che, dalla “data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, i giudizi penali sono sospesi durante il tempo in cui l’udienza è rinviata per l’assenza del testimone, del consulente tecnico, del perito o dell’imputato in procedimento connesso i quali siano stati citati a comparire per esigenze di acquisizione della prova, quando l’assenza è giustificata dalle restrizioni ai movimenti imposte dall’obbligo di quarantena o dalla sottoposizione a isolamento fiduciario in conseguenza delle misure urgenti in materia di contenimento e gestione della emergenza epidemiologica da COVID-19 sul territorio nazionale previste dalla legge o dalle disposizioni attuative dettate con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro della salute” (art. 24, c. 1, primo capoverso, d.l. n. 149/2020) fermo restando che per “lo stesso periodo di tempo sono sospesi il corso della prescrizione e i termini previsti dall’articolo 303 del codice di procedura penale” (art. 24, c. 1, secondo capoverso, d.l. n. 149/2020).
Ad ogni modo, nei “casi di cui al comma 1, l’udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione delle restrizioni ai movimenti, dovendosi avere riguardo in caso contrario, agli effetti della durata della sospensione del corso della prescrizione e dei termini previsti dall’articolo 303 del codice di procedura penale, al tempo della restrizione aumentato di sessanta giorni” (art. 24, c. 2, d.l. n. 149/2020) e, nel “computo dei termini di cui all’articolo 304, comma 6, del codice di procedura penale (“La durata della custodia cautelare non può comunque superare il doppio dei termini previsti dall’articolo 303, commi 1, 2 e 3 senza tenere conto dell’ulteriore termine previsto dall’articolo 303, comma 1, lettera b), numero 3-bis), e i termini aumentati della metà previsti dall’articolo 303, comma 4, ovvero, se più favorevole, i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza. A tal fine la pena dell’ergastolo è equiparata alla pena massima temporanea” ndr.) salvo che per il limite relativo alla durata complessiva della custodia cautelare, non si tiene conto dei periodi di sospensione di cui al comma 1” (art. 24, c. 3, d.l. n. 149/2020).
È infine stabilito che il corso dei termini di cui all’articolo 15, commi 2 (“Entro due anni dall’inizio del procedimento il Procuratore generale deve formulare le richieste conclusive di cui all’articolo 17, commi 2 e 6; entro due anni dalla richiesta, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, nella composizione di cui all’articolo 4 della legge 24 marzo 1958, n. 195, si pronuncia”) e 6 (“Se la sentenza della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio è di un anno e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento dalla Corte di cassazione”), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 “è sospeso durante il tempo in cui il procedimento disciplinare e’ rinviato per l’assenza del testimone, del consulente tecnico, del perito o di altra persona citata a comparire per esigenze di acquisizione della prova, quando l’assenza è giustificata dalle restrizioni ai movimenti imposte dall’obbligo di quarantena o dalla sottoposizione a isolamento fiduciario in conseguenza delle misure urgenti in materia di contenimento e gestione della emergenza epidemiologica da COVID-19 sul territorio nazionale previste dalla legge o dalle disposizioni attuative dettate con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro della Salute” (art. 24, c. 4, primo capoverso, d.l. n. 149/2020) e agli “effetti della durata della sospensione dei termini si applica la disposizione di cui al comma 2” (art. 24, c. 4, secondo capoverso, d.l. n. 149/2020) (già esaminata in precedenza).
La posizione degli avvocati penalisti
Per le Camere Penali, le novità del Decreto Ristori-bis determineranno una “perdita definitiva di oralità e immediatezza“, con il processo di appello che “si trasforma in processo scritto, accentuandosi così la sua non condivisa funzione di mero controllo della valutazione del Primo Giudice“. Una tendenza “già conclamata dalle Sezioni Unite della Suprema Corte e in buona parte recepita dalla cd. Riforma Orlando: non solo il processo diviene scritto, ma si accentua il carattere monocratico della decisione, anche perché la camera di consiglio si terrà da remoto” si legge in una nota a firma della Giunta UCPI.
In tal modo, secondo i penalisti, “i giudici non condivideranno più gli atti e il luogo della deliberazione né sarà possibile conoscere se tutti i giudici avevano a disposizione al momento della decisione non solo gli atti del procedimento ma, ad esempio, i materiali di ricerca o di riferimento predisposti dal Giudice relatore“.
Non mancano critiche anche ai previsti collegamenti da remoto, i quali “si terranno su piattaforme in grado di riprendere e registrare ciò che accade“, mentre “la trasformazione normativa dell’abitazione del giudice quale luogo della camera di consiglio non può certo garantire da qualsiasi possibilità di intrusione“.
Né manca una stoccata anche alla “esperta manina tecnica”, in diretto dialogo con qualche forza politica della maggioranza, che avrebbe contribuito all’introduzione di norme in contraddizione con quanto precedentemente comunicato e discusso durante le consultazioni con operatori e associazioni di Avvocatura e Magistratura.
Critica anche AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati) che “stigmatizza le previsioni applicabili al processo penale contenute nel decreto Ristori bis, che di fatto vanificano la celebrazione del Giudizio di appello e scaricano sugli imputati le conseguenze dell’assenza di testimoni e consulenti tecnici, quando questi siano stati colpiti dal Covid o in isolamento fiduciario“.
In particolare, per i giovani avvocati le proposte dell’Esecutivo contrastano con il principio del giusto processo e della sua ragionevole durata, mentre va ribadita l’importanza della tutela del contraddittorio nel processo penale in ogni grado di giudizio.
L’appello, si legge nel comunicato dell’associazione, non deve essere considerato come “un inutile orpello“, bensì come un giudizio previsto anzitutto a garanzia degli imputati innocenti che erroneamente siano stati riconosciuti colpevoli nel giudizio di primo grado, i quali non potranno essere adeguatamente tutelati con un processo solo “cartolare”, che non tenga conto di quando venga chiesta la rinnovazione del dibattimento.
(Continua)
Federico Iossa