Coppie di fatto: lavori di ristrutturazione della casa familiare


di Alessandro Gargiulo

In tema di convivenza more uxorio, un’attribuzione patrimoniale a favore del partner convivente può configurarsi come adempimento di un’obbligazione naturale allorché la prestazione risulti adeguata alle circostanze e proporzionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza n. 18721/2021, depositata il 1° luglio 2021). 

Il Tribunale di Udine condannava Tizia alla restituzione di quanto pagato dall’ex compagno convivente per eseguire una serie di lavori ed opere nell’immobile di sua proprietà, ritenendo gli esborsi effettuati dall’uomo non riconducibili alla solidarietà conseguente alla comunanza di affetti, anche in considerazione dell’obiettiva consistenza della somma impiegata rispetto al suo reddito e al suo patrimonio e dell’esclusivo vantaggio ricavatone dalla proprietaria.
La donna impugnava la sentenza di primo grado innanzi alla Corte d’appello di Trieste che accoglieva il gravame, qualificando le prestazioni effettuate dall’ex compagno come obbligazioni naturali giustificate dai doveri di solidarietà e di reciproca assistenza nei confronti della partner e della figlia.
L’uomo ricorre in Cassazione, lamentandosi, tra i vari motivi, della qualificazione del conferimento come attribuzione spontanea a favore dell’accipiens e della impossibilità di esperire l’azione di ingiustificato arricchimento.

Il ricorso è infondato. 

La Corte di Cassazione, infatti, afferma che in tema di convivenza more uxorio, un’attribuzione patrimoniale a favore del partner convivente può configurarsi come adempimento di un’obbligazione naturale allorché la prestazione risulti adeguata alle circostanze e proporzionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens. Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di affermare che è possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte del convivente nei confronti del partner solamente in caso di «prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e adeguatezza» (Cass. n. 11330/2009).
La prestazione effettuata dall’uomo, pertanto, deve qualificarsi come adempimento di un’obbligazione naturale, sussistendo un rapporto di proporzionalità tra le opere realizzate e l’adempimento dei doveri morali e sociali da lui assunti nell’ambito della convivenza di fatto, connotata dalla presenza di prole.

Alessandro Gargiulo

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