La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 17 ottobre 2016, n. 20952, è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla possibilità o meno che la risoluzione del contratto di locazione sia opponibile al creditore pignorante a decorrere dal momento in cui si verifica l’evento risolutivo.
Nel caso all’esame della Suprema Corte, riguardante il fallimento del locatore, la risoluzione contrattuale si era verificata prima del pignoramento, ma era stata trasmessa all’Agenzia delle Entrate per la registrazione solo successivamente alla notifica dell’atto di pignoramento presso terzi, sebbene nei termini che la legge prevede per il pagamento e la comunicazione.
Il caso richiamava i limiti applicativi dell’art. 2917 c.c. che, per il caso di pignoramento di un credito, prevede che l’estinzione del credito stesso per cause successive al pignoramento non pregiudica i diritti del creditore pignorante.
La questione riguardava, pertanto, la possibilità per il terzo conduttore di recedere comunque dal contratto di locazione, nonostante il pignoramento dei canoni.
Secondo la Suprema Corte, la norma di cui all’art. 2917 c.c. è volta esclusivamente a regolare l’opponibilità al creditore pignorante dei fatti estintivi dell’obbligazione, per cui impone la regola della inopponibilità al pignoramento degli eventi successivi che abbiano effetti estintivi del credito.
L’art. 2917 c.c., al contrario, non è idoneo ad incidere sulla libertà contrattuale del conduttore, il quale può sciogliersi dal contratto secondo le regole proprie di quel rapporto di locazione. D’altro canto, tale disposizione non può impedire che abbia efficacia il recesso del conduttore da un rapporto continuato, costituito dal rapporto di locazione che sia esercitato secondo le regole tipiche di quello schema contrattuale.
Ne consegue che il terzo pignorato non può essere costretto a proseguire il rapporto di locazione contro la sua volontà, qualora abbia diritto di risolverlo, solo perché i canoni sono stati oggetto di pignoramento.
La Corte ritiene pacifica tale soluzione, ma punta l’attenzione su un problema che è ancora discusso in giurisprudenza.
Permangono dubbi, infatti, sull’individuazione del soggetto al quale deve essere indirizzata la comunicazione del recesso: se al proprietario, il quale, qualora non sia anche custode, non può, per legge, gestire il contratto, o al custode, di cui il terzo conduttore può ignorare l’esistenza.
a cura di Armando Rossi