Il sistema bancario e le sue regole, a volte assurde, la sua incidenza, quasi sempre negativa, sulla vita della maggior parte delle persone, ha determinato e determina l’attenzione costante degli operatori giuridici sul tema, ingenerando in loro, spesso, una sensazione di impotenza rispetto ad alcuni istituti di diritto, usati ed abusati dalle banche.
Ho spesso trattato delle misure legislative a sostegno dei cittadini colpiti dalla crisi economica ed esposti a situazioni di grave indebitamento, soffermandomi sulla composizione della crisi da sovraindebitamento e sulla rottamazione delle cartelle esattoriali.
Tuttavia, nel settore delle banche, sicuramente collocate tra i principali responsabili del dissesto delle famiglie italiane, oltre che della ripresa economica delle aziende in crisi, rilevo che il legislatore si comporta molto diversamente e sembra navigare con vento contrario.
È quanto avviene con l’anatocismo bancario, che consiste nella produzione di interessi da parte di interessi scaduti, e che ha, indubbiamente, un effetto moltiplicatore dell’indebitamento, in quanto rende il tasso di interesse superiore a quello pattuito.
Il tema dell’anatocismo continua ad essere argomento assai oscillante tra interventi del legislatore ed interpretazioni giurisprudenziali.
Con l’art. 17 bis della legge n. 49/2016 di conversione del “decreto banche” n. 18/2016 – in vigore dal 15 aprile scorso – è cambiata ancora la disciplina dell’anatocismo bancario, attraverso l’ennesima modifica dell’art. 120, comma secondo, del Testo Unico Bancario.
Come già accennato, si tratta dell’ennesima modifica dell’art. 120 del T.U.B. che, dopo la formulazione originaria, venne modificato dalla legge di stabilità 2014 che interveniva sul comma 2 dell’art.120 T.U.B., affidando al CICR il compito di stabilire modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria e stabilendo, in ogni caso, che nelle operazioni in conto corrente doveva essere assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori, e che gli interessi periodicamente capitalizzati non potevano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, dovevano essere calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.
La norma prevedeva, quindi, il divieto di anatocismo, innovando rispetto alla norma originaria che disponeva invece la legittimità dell’anatocismo alla sola condizione che gli interessi attivi e passivi fossero capitalizzati con la stessa periodicità trimestrale.
Gli operatori giuridici ritenevano, pertanto, di avere, finalmente raggiunto certezze, prontamente smentiti dall’introduzione dell’art. 17-bis, che innova la precedente formulazione dell’art. 120 T.U.B., prevedendo che:
– gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale, sia per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, che per gli sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido;
– gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1° marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati;
– nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili;
– il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili. In questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale e l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia avuto luogo.
Con la nuova modifica, pertanto, gli interessi debitori solutori, ovvero quelli a debito verso la banca, verranno conteggiati al 31 dicembre di ogni anno e diverranno esigibili dal 1° marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati.
Il problema, tuttavia, consiste nel dato fattuale per cui il correntista, che è parte contrattuale debole, può autorizzare preventivamente l’addebito degli interessi solutori sul conto al momento in cui questi divengono esigibili, trasformando detti interessi in sorte capitale, produttiva, a sua volta di ulteriori interessi.
Tale possibilità concessa al correntista comporta, inevitabilmente, l’obbligo di liquidazione degli interessi passivi solutori entro 60 giorni. Pertanto, ne consegue che:
– o il correntista paga gli interessi maturati extra fido nell’anno solare precedente al 1° marzo di ogni anno;
– o gli interessi vengono addebitati in conto dando così via alla capitalizzazione composta degli stessi.
In pratica, la legge ha previsto un’automatizzazione dell’anatocismo.
a cura di Armando Rossi