Chi ruba un’automobile dotata di antifurto satellitare va incontro comunque alla condanna per furto consumato aggravato ex art. 625 comma I n. 7 c.p. e non già tentato poiché la presenza dell’antifurto non impedisce la sottrazione ed il conseguente impossessamento consentendo solo di porre rimedio all’azione delittuosa con il successivo recupero.[1]
IL CASO
L’imputato ricorre avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello di Ancona, dopo aver riqualificato l’originaria contestazione di rapina impropria, lo ha condannato per il reato p. e p. dagli artt. 624 e 625 n. 7 c.p. a seguito del furto di un’autovettura munita di antifurto satellitare.
Impugnando per cassazione la sentenza di secondo grado, l’imputato ha denunziato l’erronea applicazione dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 che riteneva insussistente nonché il mancato riconoscimento, nel caso di specie, del tentativo di furto ex art. 56 c.p. essendo l’autovettura munita di antifurto satellitare che, a parere del ricorrente, consentiva una sorveglianza costante sul veicolo attraverso il predetto sistema di controllo.
Relativamente all’aggravante del reato di furto, la VI sezione penale della Suprema Corte, aderendo all’indirizzo prevalente di legittimità ritiene sussistere l’esposizione alla pubblica fede nell’ipotesi di un soggetto che si impossessi dell’autovettura dotata di antifurto satellitare poiché, pur consentendo quest’ultimo una costante localizzazione del veicolo, non ne impedisce la sottrazione e l’impossessamento consentendo di rimediare all’azione delittuosa solo con il recupero successivo del bene.
Parimenti, non si attribuisce pregio alla doglianza dell’imputato volta a riqualificare il fatto nell’alveo del tentativo poiché la presenza del satellitare non impedisce che il soggetto passivo perda, fino a quando non si attivi l’antifurto su iniziativa dell’interessato, il controllo materiale e giuridico dell’autovettura: il successivo rilevamento dell’auto consente soltanto di recuperare un bene oramai uscito definitivamente dalla sfera di controllo del possessore.
LA QUESTIONE
La questione involge il tema dell’aggravante della pubblica fede nel reato di furto nonché quella della consumazione o meno del delitto qualora su di un’autovettura sia installato un antifurto satellitare che consenta di percepire costantemente la localizzazione del veicolo.
Pertanto, in termini giuridici il quesito è il seguente: la presenza di un antifurto satellitare esclude o meno l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede di cui all’art. 625 n. 7 c.p.? Ed inoltre, in tal caso il reato di furto è da reputarsi tentato oppure consumato?
LA SOLUZIONE GIURIDICA
Salvo un isolato precedente (Cass. 5, 21 ottobre – 26 novembre 2008 n. 44157, Barbato, RV 241690) che esclude la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 nell’ipotesi in cui sull’autovettura sia installato il satellitare, l’indirizzo prevalente nella giurisprudenza di legittimità ritiene che ricorra la fattispecie contemplata dall’art. 625 n. 7 c.p.
I presupposti legittimanti il riconoscimento dell’aggravante, come sostenuto anche in Cassazione penale sez. V del 30/01/2014 n. 10584, sono invero integrati dalla mancanza di protezione del bene da possibili impossessamenti, al di fuori dell’affidamento al senso di rispetto dei consociati per l’altrui proprietà.
Si ritiene che gli eventuali riflessipositivi derivanti dall’installazione dell’impianto satellitare sianocircoscritti, rectiusesplichino i loro effetti,solo limitatamente alla fase del recupero del bene e non anche a quella, precedente, della tutela del bene dalla sottrazione altrui.
In altre parole, la giurisprudenza di legittimità prevalente ritiene che l’antifurto satellitare non impedisca in alcun modo la sottrazione del bene ma consenta eventualmente soltanto il suo recupero in una fase successiva.
L’aggravante della pubblica fede trova il proprio fondamento in tutte quelle ipotesi in cui il bene non è custodito adeguatamente dal proprietario e si trovi in luoghi accessibili a chiunque, ergo anche ai potenziali autori del furto che proprio dalla particolare esposizione ricevono ulteriore motivazione al compimento dell’azione delittuosa.
La custodia fornita dal sistema satellitare è reputata insufficiente dalla giurisprudenzaproprio perché non impedisce e non ostacola la sottrazione del bene esposto alla pubblica fede.
Analogamente, si ritiene che il reato sia consumato e non tentato perché il soggetto in ogni caso perde il controllo sul bene sottrattogli sia da un punto di vista materiale che giuridico.
Viene quindi meno la costante vigilanza durante lo svolgimento dell’azione illecita poiché gli spostamenti dell’auto possono essere rilevati soltanto a seguito di richiesta dell’interessato alla centrale operativa ed il ritrovamento consente esclusivamente di recuperare un bene oramai fuoriuscito in maniera definitiva dalla sfera di controllo materiale e giuridica del possessore.
OSSERVAZIONI
Il ragionamento posto in essere dalla Cassazione attiene alla nozione di pubblica fede ed alla possibilità che il bene possa essere tutelato nel caso di specie.
Ed invero, la circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede è configurabile anche in caso di sorveglianza saltuaria, posto che la ragione dell’aggravamento di pena, e quindi l’essenza stessa dell’aggravante, consiste nella volontà di apprestare una più energica tutela a quelle cose mobili che sono lasciate dal possessore, in modo permanente o temporaneo, senza custodia continua (Sez. 2, n. 561 del 09/12/2008, Bacconi e altri, Rv. 242716; Sez. 5, n. 9245 del 14/10/2014, Felici, Rv. 263258; Sez. 2, n. 12880 del 05/03/2015, Meduri, Rv. 262779).
Si è, pertanto, ritenuta integrata la circostanza anche in presenza, nel luogo in cui si consuma il delitto di furto, di un sistema di videosorveglianza che non garantisce l’interruzione immediata dell’azione criminosa, giacché soltanto una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’art. 625 c.p.p., comma 1, n. 7 (Sez. 2, n. 2724 del 26/11/2015, Scalambrieri, Rv. 265808).
L’esposizione alla pubblica fede consiste in una fiducianel corretto operato dei consociati che comporterebbe, quale conseguenza, la rinuncia ad apprestare le difese destinate a proteggere il bene. Orbene, l’affidamento dipende dalla superabilità o meno delle difese o dalla loro stessa esistenza.
Pertanto, e concludendo, la custodia palesemente insufficiente a proteggere la cosa, come ritenuto nel caso di specie per l’antifurto satellitare, non esclude né la sua esposizione alla pubblica fede né, tantomeno, consente di reputare tentato il delitto di furto dovendosi invece esso ritenere consumato giacché il bene fuoriesce completamente dalla sfera materiale e giuridica del possessore.
a cura di Carmine Gatto
[1] Conformi: Cass. pen., Sez. V19 ottobre 2011, n. 44119; Cass. pen., Sez. V, 20 gennaio 2014, n. 9394; Cass. pen., Sez. V, 30 gennaio 2014, n. 10584; Cass. pen., Sez. IV, 11 dicembre 2001, n. 4824; Cass. pen., Sez. V, 20 gennaio 2014, n. 9394; Cass. pen., Sez. V, 21 settembre 2016, n. 42774; Difformi: Cass. 5, 21 ottobre – 26 novembre 2008 n. 44157, Barbato, RV 241690