Ai fini della legittimità del licenziamento individuale intimato per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 l. n. 604/1966, tra le ragioni inerenti all’attività produttiva ed all’organizzazione del lavoro rientrano anche quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività dell’impresa purché si traducano in un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo dell’impresa dal quale derivi la soppressione di una determinata posizione lavorativa. E la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del posto di lavoro non sarà sindacabile dal Giudice nei suoi profili di congruità ed opportunità, in ossequio al disposto dell’art. 41 Cost..
Così affermato dalla Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 30259, pubblicata il 22 novembre 2018.
Un lavoratore veniva licenziato per giustificato motivo oggettivo, dovuto a crisi economica dell’azienda con conseguente riduzione del personale e soppressione del posto di lavoro cui era addetto il ricorrente. Impugnato il licenziamento, il Tribunale respingeva l’impugnazione. Proposto appello da parte del lavoratore, la Corte d’Appello lo rigettava, confermando la sentenza di primo grado. Veniva così proposto ricorso in Cassazione.
Il ricorso proposto dal lavoratore denuncia, con svariati motivi di censura, sostanzialmente l’insussistenza dei motivi addotti dall’azienda a sostegno del licenziamento intimato. La sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la situazione di crisi aziendale, tale da determinare la sostituzione del ricorrente con altro personale; motivo diverso da quello addotto dall’azienda, consistente nella soppressione del posto di lavoro del ricorrente.
La Suprema Corte ritiene infondati i motivi di censura proposti. E’ principio più volte affermato quello secondo cui in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, è sufficiente, per la legittimità del recesso, che le addotte ragioni inerenti all’attività produttiva ed all’organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, causalmente determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa, non essendo la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del posto di lavoro sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità, in ossequio al disposto dell’art. 41 Cost.
Nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento è riconducibile anche l’ipotesi del riassetto organizzativo dell’azienda attuato al fine di una più economica gestione di essa e deciso dall’imprenditore non semplicemente per un incremento del profitto, ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, imponendo un’effettiva necessità di riduzione dei costi. Tale motivo oggettivo è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost..
Al giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore, con la conseguenza che non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il lavoratore licenziato, sempre che risulti l’effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato. Non essendo, peraltro, necessario, ai fini della configurabilità del giustificato motivo, che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite ed attribuite. Ne consegue che, una volta accertata la effettiva e non pretestuosa soppressione del posto di lavoro, anche attraverso la redistribuzione (anche parziale) delle mansioni tra gli altri dipendenti, ciò è sufficiente, nel rispetto del menzionato principio di cui all’art. 41 Cost., a giustificare il licenziamento.
Ove, però, il giudice accerti in concreto l’inesistenza della ragione organizzativa o produttiva, il licenziamento risulterà ingiustificato per la mancanza di veridicità o la pretestuosità della causale addotta.
La sentenza della corte di merito impugnata appare correttamente motivata ed immune da vizi logici; avendo accertato l’effettiva sussistenza della crisi aziendale con conseguente riduzione della produzione; la chiusura di alcuni stabilimenti produttivi; la collocazione in C.I.G. di gran parte del personale; l’effettiva soppressione delle mansioni cui era addetto il lavoratore ricorrente.
Nel complesso dunque il ricorso proposto è stato ritenuto infondato dal Supremo Collegio e di conseguenza rigettato.