FALLIMENTO – avvocato difensore – gratuito patrocinio


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Il decisum in commento riguarda la liquidazione dell’onorario di un avvocato per l’attività di assistenza giudiziale svolta nell’interesse di un fallimento. Invero, il caso de quo offre inoltre la possibilità di affrontare la questione relativa alla definizione dei soggetti legittimati a chiedere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato quando nel processo una parte sia un fallimento (Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 29747/2018, depositata il 19.11.2018).

Nello specifico, si tratta di stabilire se, anche l’avvocato che abbia difeso il fallimento abbia diritto, o meno, ad ottenere il patrocinio a spese dello Stato. E, la Prima Sezione civile di Piazza Cavour con l’ordinanza n. 29747/18, depositata il 19 novembre, escludendo tale possibilità, chiarisce che l’art. 78 del Testo unico in materia di spese e di giustizia identifica l’interessato nel soggetto destinato a godere in modo diretto del beneficio dell’ammissione: e questo – secondo quanto dichiara l’art. 74 del Testo unico – è il cittadino non abbiente, le cui ragioni non risultino manifestamente infondate. Del resto, quella sull’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è normativa che trova la propria giustificazione di fondo nell’attuazione del precetto costituzionale che intende garantire ai non abbienti i mezzi occorrenti per potere effettivamente difendere i propri diritti, ex art. 24, comma 3, Cost.. Non risulta apportare deviazioni rispetto a questo schema di base la peculiarità di una protezione accordata, nel contesto della protezione in giudizio delle persone non abbienti, anche alle strutture fallimentari, nelle persone dei relativi curatori. Ché questa viene a spiegarsi, in conformità con la rilevazione compiuta dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 174/06, con il carattere pubblicistico del procedimento concorsuale. E, nell’eventualità di una perdurante inerzia del curatore a presentare la richiesta di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, non è praticabile un intervento di tipo surrogatorio da parte dei creditori della procedura, compresi, appunto, pure quelli da attività di difesa giudiziale.

Il caso. Nell’ottobre del 2014, l’avvocato Esposito ha inviato al curatore del fallimento della Beta s.r.l. una notula per il pagamento di date attività di assistenza giudiziale svolte per l’interesse della procedura, il quale, tuttavia, gli ha comunicato di non essere in grado di provvedere ai pagamenti. Il legale, quindi, ha presentato la sua richiesta al giudice delegato, che ha stabilito di procedere all’immediata soluzione di una parte della somma richiesta, disponendo, invece, che per il residuo il pagamento dovesse avvenire «al tempo in cui la procedura disporrà dei fondi».
Avverso tale decisione Esposito ha proposto reclamo avanti al Tribunale di Piacenza dolendosi del fatto che il giudice delegato non abbia disposto l’immediato pagamento dell’intera notula ed inoltre sostenendo che, nella mancanza della disponibilità occorrente nelle casse del fallimento, il giudice delegato avrebbe dovuto ammettere il fallimento al patrocinio a spese dello Stato.
Il Tribunale piacentino tuttavia ha respinto il reclamo de quo chiarendo che l’onere di proporre l’istanza al giudice delegato per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato spettava al solo curatore nella sua qualità di parte interessata, non anche all’avvocato della curatela . Quest’ultimo ricorre quindi in Cassazione lamentando la violazione dell’art. 78 del Testo unico che consente a chiunque purché “interessato” di chiedere di essere ammesso al gratuito patrocinio – posto che questi ha appunto interesse a percepire il compenso spettantegli.
Gli Ermellini però dichiarano inammissibile il ricorso chiarendo che l’interessato di cui al predetto art. 78 è il cittadino non abbiente, le cui ragioni risultino non manifestamente infondate, e non l’avvocato che ha difeso il fallimento.

I soggetti legittimati a chiedere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel caso di processo in cui sia parte un fallimento. L’art. 144 d.P.R. n. 115/2002 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) prevede che nel processo in cui è parte un fallimento, se il decreto del giudice delegato attesta che non è disponibile il denaro necessario per le spese, il fallimento si considera ammesso al patrocinio, ai sensi e per gli effetti delle norme previste dalla presente parte del Testo unico, eccetto quelle incompatibili con l’ammissione di ufficio. La norma de qua non affronta in modo esplicito e diretto il tema della legittimazione alla richiesta di ammissione per il caso di processo fallimentare.
Nello stabilire in generale che «il fallimento si considera ammesso ai sensi e per gli effetti della presente parte del Testo unico» – parte III “patrocinio a spese dello Stato”, come comprensiva delle norme dall’art. 74 all’art. 145 -, tuttavia, essa viene comunque a fornire in modo univoco il criterio di organizzazione e selezione normativa di questo profilo.
Risulta pertanto definitivamente confermata l’ammissione automatica al gratuito patrocinio della curatela, mediante decreto del giudice delegato che attesti l’indisponibilità finanziaria della procedura. E, come chiarisce il decisum in rassegna, nell’eventualità di una perdurante inerzia del curatore a presentare la richiesta di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, non risulta praticabile un intervento di tipo surrogatorio da parte dei creditori della procedura, compresi, nel caso, pure quelli da attività di difesa giudiziale.

La normativa generale sull’ammissione al patrocinio a spese dello Stato non contempla l’ipotesi dell’ammissione di ufficio. L’indicazione di un’attestazione d’ufficio della mancata disponibilità “del denaro delle spese”, da parte del giudice delegato, così da determinare l’ammissione al patrocinio ai sensi del succitato art. 144 non è compatibile con la struttura organizzativa della procedura fallimentare attualmente prevista dalla legge. Difatti, a seguito della riforma del 2006, la funzione riconosciuta al giudice delegato è passata da una posizione di sostanziale direzione della procedura al compito di vigilanza e controllo sulla regolarità della stessa, ai sensi degli artt. 25, comma 1 e 31, comma 1, l.fall.. Il soggetto legittimato a chiedere il gratuito patrocinio è dunque solo il curatore.

L’interessato, ai sensi dell’art. 78 Testo unico, non può essere l’avvocato che ha difeso il fallimento. La norma dell’art. 78 identifica l’interessato nel soggetto destinato a godere in modo diretto del beneficio dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato: e questo è il cittadino non abbiente, le cui ragioni risultino non manifestamente infondate, proprio per garantirgli i mezzi occorrenti per potere effettivamente difendere i propri diritti, come sancito dalla Carta Costituzionale. E, questa protezione in giudizio delle persone non abbienti, vale anche per le strutture fallimentari, nelle persone dei relativi curatori, proprio per il carattere pubblicistico del procedimento concorsuale.

In conclusione. Il citato d.P.R. n. 115/2002 ha disciplinato l’anticipazione delle spese da parte dell’Erario, prevedendo che nel processo in cui è parte un fallimento, se il giudice delegato attesta con decreto che non è disponibile il denaro necessario per le spese, il fallimento viene ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Quindi, il curatore che intenda nominare uno stimatore o promuovere o resistere in giudizio deve chiedere l’attestazione al giudice delegato e suggerire la nomina di un professionista scelto, per quanto riguarda i legali, tra quelli che abbiano dato la disponibilità alla difesa gratuita. Il compenso dovuto al legale di un fallimento ammesso al patrocinio gratuito può essere posto a carico dello Stato solo per la parte giudiziale, per cui ne restano esclusi i pareri preventivi.

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