Non è rimproverabile la condotta dell’avvocato che riversa in moneta contante e con assegni circolari il credito recuperato a seguito di mandato professionale nel caso in cui l’amministratore in carica della società incorra in condotte distrattive di quanto incassato e regolarmente quietanzato (Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 31231/2018, depositata il 4.12.2018).
Il curatore fallimentare conveniva in giudizio un avvocato esponendo che lo stesso non aveva diligentemente adempiuto alle proprie obbligazioni di mandatario; nello specifico lo censurava per aver l’avvocato versato all’allora amministratore societario del denaro e assegni in contanti a seguito di un mandato di recupero del credito senza però che risultasse traccia di ciò nelle casse sociali.
Si eccepiva all’avvocato di aver concorso nell’attività distrattiva dell’amministratore in carica, pur avendo questi rilasciato regolare quietanza delle somme incassate.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello davano ragione al curatore fallimentare: l’avvocato era venuto meno alla media diligenza professionale versando direttamente nelle mani dell’amministratore in carica senza la precostituzione della prova dell’esatto adempimento, non essendo bastevole in tal senso il rilascio di una quietanza; quietanza che, peraltro, non era stata idonea a inibire la condotta distrattiva concretamente realizzata.
Ricorre per cassazione l’avvocato.
L’avvocato incentra gran parte della propria difesa sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1188 e 1713 c.c.: il rilascio della quietanza liberatoria avrebbe dovuto imporre la ricognizione dell’esatto adempimento della propria obbligazione di mandatario. Nulla poteva essergli imputato a titolo di colpa concorsuale per la successiva condotta dell’amministratore in carica in danno dei creditori sociali.
Il Supremo Collegio accoglie il ricorso. Gli Ermellini spiegano che la Corte d’Appello è incorsa nella violazione delle norme indicate e, in special modo, dell’art. 1188, comma 1, c.c., giacché il fatto dell’avvenuto pagamento nelle mani dell’amministratore in carica è suffragato dalla relativa pacifica quietanza.
D’altra parte gli amministratori ai sensi dell’art. 2475-bis c.c. sono gli unici, avendo la rappresentanza sociale, ad essere titolati a ricevere i pagamenti. L’avvocato che ha riversato il credito riscosso nella mani dell’allora amministratore non ha posto in essere alcuna condotta negligente, né a danneggiato i creditori sociali a causa della successiva distrazione del denaro dalle casse societarie. D’altra parte il riversamento in contanti e con assegni circolari non costituisce una anomalia di pagamento in chiave distrattiva, atteso che quelle modalità di pagamento ben potevano esser state richieste dall’amministratore in carica. Né la Corte territoriale spiega sotto il profilo dell’ermeneutica giuridica quali poteri avrebbe dovuto opporre l’avvocato all’amministratore per non pagare con tali modalità il credito incassato a seguito dell’espletamento del mandato professionale.