RISERVATA PERSONALE – PRESTARE MOLTA ATTENZIONE


3.pngCon la decisione n. 99 del 12 SETTEMBRE 2018 il Consiglio Nazionale Forense ha avuto modo di precisare l’ambito di operatività del divieto posto dal codice deontologico di produrre la corrispondenza scambiata con il collega qualificata come “riservata personale non producibile in giudizio” o che, in ogni caso, contiene proposte transattive. E ciò ricordando come l’agire dell’avvocato debba, sempre e comunque, porsi nel rispetto della legge e delle norme deontologiche.http://www.dirittoegiustizia.it/images/spacer.gif

Il procedimento disciplinare era stato avviato nei confronti di due legali e si era concluso con l’irrogazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento
Quel procedimento era stato avviato nei confronti del primo legale perché, terminato il proprio mandato, aveva consegnato al curatore fallimentare tutta la corrispondenza avuta con il legale di controparte compresa una comunicazione espressamente qualificata come “riservata non producibile in giudizio”.

Nei confronti del secondo perché l’avvocato incolpato, nel corso di un giudizio civile, aveva prodotto quella lettera consegnata dal curatore e che era stata inviata dal legale di controparte espressamente qualificata come “riservata personale non producibile in giudizio” contenente proposte transattive insistendo anche per la relativa ammissione.

Per il Consiglio Nazionale Forense la fattispecie deve essere ricondotta, senza alcun dubbio, nella norma di cui all’art. 28 del vecchio codice deontologico (ora integralmente trasfuso nell’art. 48 del nuovo) che vietava di produrre o riferire in giudizio sia la corrispondenza espressamente qualificata come riservata quale che ne fosse il contenuto, e sia la corrispondenza, per quanto non provvista della clausola di riservatezza, in cui erano riportate ipotesi transattive della controversia.
Divieto la cui finalità di protezione della libertà delle comunicazioni tra avvocati è chiara: la norma – ricorda il CNF – è posta “a salvaguardia del corretto svolgimento dell’attività professionale (in attuazione della sostanziale difesa dei clienti che, attraverso la leale coltivazione di ipotesi transattive, possono realizzare una rapida e serena composizione della controversia) e mira a tutelare la riservatezza del mittente e la credibilità del destinatario, nel senso che il primo, quando scrive ad un collega di un proposito transattivo, non può e non deve essere condizionato dal timore che il contenuto del documento possa essere valutato in giudizio contro le ragioni del suo cliente; mentre, il secondo, deve essere portatore di un indispensabile bagaglio di credibilità e lealtà che rappresenta la base del patrimonio di ogni avvocato”.
Ne deriva che è sempre precluso all’Avvocato la possibilità di produrre in giudizio la corrispondenza intercorsa tra i difensori delle parti in causa sia quella qualificata come riservata (e ciò a prescindere dal suo contenuto) e sia quella (pur non qualificata come riservata) contenente proposte transattive avanzata in nome e per conto del proprio assistito a nulla rilevando le modalità di come l’Avvocato sia venuto in possesso della corrispondenza riservata (ricevuta direttamente da precedente difensore o dal cliente etc… ).
E’ indifferente come il legale ottiene la riservata personale – Se è così, diviene irrilevante le modalità con le quali il legale che produce la lettera riservata personale è venuto in possesso della stessa.
L’avvocato incolpato aveva censurato nel proprio ricorso la condanna di primo grado sostenendo, tra l’altro, che quella lettera non era stata ricevuta nell’ambito del normale subentro nella difesa e che comunque non vi sarebbe un generale ed incondizionato obbligo di non produrre in giudizio una missiva ricevuta a qualsiasi titolo solo per il fatto che la stessa sia stata qualificata come “riservata non producibile in giudizio specie laddove la stessa fosse stata prodotta in altri giudizi.
Il Consiglio Nazionale Forense, nel rigettare il ricorso, ha precisato che “la corrispondenza riservata non può mai essere prodotta direttamente in giudizio dal difensore nemmeno quando la stessa risulta depositata in altro giudizio civile o penale, in questi casi il professionista, per non incorrere nella violazione deontologica di cui all’attuale art. 48 CDF, deve avanzare richiesta al giudice di acquisizione al procedimento in essere, del fascicolo giudiziario in cui la “ corrispondenza “ risulta esser stata depositata”.

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