La poesia di Alessandro Senatore è un viaggio, un cammino, una ricerca di attimi e passioni da fermare dentro e fuori di sé, nella meraviglia del creato, nelle increspature delle correnti marine, negli orizzonti che ramificano prospettive e ricordi. Ma il suo viaggio nell’anima, come quello quotidiano della vita ha un incipit chiaro: l’amore che si fa scopo e méta di ogni passo. La ricerca poetica di Senatore comincia infatti dal suo cuore, dai palpiti provati, sentiti per la sua donna, quell’unicità del sentire, dell’essere e della pelle che fa scrivere a Pablo Neruda: “Non assomigli più a nessuna da quando ti amo”. Come quella di Neruda, anche la passione di Senatore si fa unica ed irripetibile: travolge, completa e riempie, si fa porto per il naufrago e pienezza del sentire. È un inferno della carne che convive con l’estasi della tenerezza, no a diventare una sola cosa: “Ed è per Te / che invadi i miei pensieri/egra la mia mente/che la mia vita/è una danza/ tra / paradiso e inferno”. Un amore che vuole essere saziato, ma anche straziato dalle tenerezze: “Baciami / e dimmi che mi amerai ancora. / Troppo tempo è passato / e io ho fretta di vivere”.

Amore e vita diventano sinonimi e lo sguardo del poeta si ferma nei dettagli, come l’attimo rubato ad un pro lo che in silenzio si racconta: “I tuoi sogni, / vele bianche / che tagliano il mare”. Un amore che vuole essere icona, porto o faro del viaggio: “… fai di me/naufrago esausto/tra le tue braccia”. Ma anche un amore incapace di ferire o fare del male, anche quando sembra dividere, allontanare per farsi polpa di fico d’india: “Sarà per questo / che non ti lasci accarezzare, / temi che la tua pelle, / come buccia di spine, / mi possa far male”. È con questo amore nel cuore che Senatore si specchia e respira l’armonia dell’Universo.
La ricerca del poeta si sposta nel fuori, nell’incanto e nei misteri della natura. Il poeta si lascia così travolgere e carezzare dal vento, dai suoi silenzi irreali: “Un tu o / giù nel mare profondo / e il corpo squarcia il blu dell’infinito”. Mare e cielo si confondono, no a farsi un unico che avvolge e protegge. La natura spiega, insegna, regala leggerezza, una gioiosa armonia: “Arriverà scherzosa la brezza marina / a spettinare le chiome degli alberi / e colorare di bianco le onde del mare”.

Ma il mare è anche la voce che trattiene i ricordi e, a volte, lascia il sapore amaro della salsedine sulle labbra, il sapore della nostalgia. I ricordi allora riemergono dal profondo, dai fondali sabbiosi, come il gioco innocente vissuto dal poeta con i figli, quel semplice trasformare una canoa in un galeone che cerca pirati: “Il mio remo taglia ora le onde / mentre navigo solitario su quella canoa / che mai più sarà / quel galeone / che solcava i mari / a caccia di pirati”. La nostalgia può farsi assedio, eco di una solitudine esistenziale che lascia i suoi segni: “Sotto la pioggia di stelle cadenti, / l’assedio dei ricordi, / la nostalgia del tempo passato / il dolore di un respiro profondo / l’urlo soffocato di chi è solo”.
Amore, armonia, nostalgia e solitudine, il cammino continua tra conoscenza ed incanto dei luoghi, in modo particolare l’Avana, così cara al poeta: “Gioiosa danza di velluto / di corpi meticci, / misteriosamente attratta da quell’azzurro orizzonte / che segna il con ne / ed esorta al viaggio”. Navigare è l’imperativo categorico di Senatore, tra i flutti, le maree, le tempeste e l’estasi dell’anima facendo i conti con la gioia e la solitudine, l’amore e il dolore: “Pulpiti di dolore, / di urla soffocate / di storie sbagliate / di amori finiti / di diritti negati. / Discorsi spezzati / di maschere parlanti / ingenue e bugiarde”.
Qui le consapevolezze lasciano segni e cicatrici sulla pelle ed inevitabilmente trascinano il poeta nelle correnti calde della malinconia. Federico García Lorca ha scritto: “Arrivò l’Assenza con la sua amarezza. / L’Anima penetrò nel cuore”. Il fuori spesso racconta ingiustizie, sconfitte, arrese, il peso della finitezza, ma anche consapevolezza di sé, di ciò che si è: “Siamo piccole barche che navigano, / lentamente, / nel mare sconfinato. / Buono è il legno / e ottimi furono i maestri d’ascia / che, /al tempo,/ci forgiarono”. Lo sguardo del poeta non resta indifferente alle sofferenze degli altri, ai baci negati, all’amore incompreso, alla solitudine di un’intera generazione privata del futuro, della speranza: “Resto qui / nella stanza / a sprecare il mio tempo sbagliato / mentre i giorni uguali / se ne vanno via”. Senatore predilige il verso libero, senza orpelli retorici, illuminato da allegorie convincenti. La sua è una poesia immediata, d’impatto emotivo che ferma il momento per afferrare l’eterno. La sua è una ricerca vitale, un viaggio che continuerà: “Porterò con me / i raggi rossi del sole / per ripararmi dai venti freddi della notte, / e cercherò la mano sicura / di chi mi ha sempre amato, / prima di riprendere il cammino”.
Elena Varriale
Alcune poesie tratte dal libro
Riempimi di baci
Riempimi di baci,
dolci, lunghi, appassionati.
Confondi la tua bocca con la mia
e di gemiti soffocati.
Tormentami
come il vento fa con le dune.
Abbracciami
come fosse l’ultima volta
e,
ogni volta che vorrai,
accarezza le mie guance stanche
e i miei occhi pieni di malinconia.
Baciami
e dimmi che mi amerai ancora.
Troppo tempo è passato
e io ho fretta di vivere.
Mi nutro di te
Mi nutro di te,
dei tuoi silenzi,
dei tuoi piccoli gesti
che conosco.
Vivo di te,
che sei come il mare,
che anche d’inverno modella la roccia.E per te tremo,
che aronti la vita
come una gazzella impaurita
che,
di notte,
si reca alla fonte.
Come piccole barche
Siamo piccole barche che navigano,
lentamente,
nel mare sconnato.
Buono è il legno
e ottimi furono i maestri d’ascia che,
al tempo,
ci forgiarono
e
quando fuori
il vento
spazza via
anche le stelle.
È dolce trovare riparo
nei porti sicuri
dove robuste sono le funi che ci proteggono.