Sotto accusa un uomo, a cui viene contestato di avere offeso la reputazione di una donna con una e-mail spedita a lei e ad altre persone. Per ora, però, non ci sono gli elementi sufficienti per una condanna, poiché, secondo i Giudici della Cassazione, la semplice indicazione degli indirizzi di posta elettronica dei destinatari non basta per dare per certa la ricezione del messaggio incriminato. Necessario un nuovo giudizio in Tribunale per verificare se davvero l’e-mail è stata recapitata alle persone terze indicate come ulteriori destinatari dal mittente.
E-mail offensiva spedita a più persone. Plausibile parlare di “diffamazione”, ma è necessaria la ‘prova provata’ che il messaggio sia stato recapitato concretamente ai destinatari, non essendo sufficiente il richiamo alla presenza dei loro indirizzi di posta elettronica (Corte di Cassazione, sentenza n. 55386/18, depositata l’11.12.2018).
Sotto processo un uomo, accusato di avere offeso una donna «mediante un messaggio di posta elettronica, contenente espressioni lesive della sua reputazione, spedito a lei e anche ad altre persone». Per i Giudici di merito, il materiale probatorio a disposizione è sufficiente per pronunciare una condanna per il reato di diffamazione. A loro parere, difatti, non vi è alcun dubbio che il messaggio offensivo sia stato ricevuto dalla parte offesa e anche dalle altre persone indicate come destinatari: a questo proposito, il riferimento è all’inserimento dei loro indirizzi di posta elettronica. Questa valutazione viene però duramente contestata dal legale dell’uomo sotto accusa. In particolare, l’avvocato sottolinea la mancanza di prove certe sull’«effettivo recapito del messaggio incriminato ai destinatari terzi» e sul fatto che «questi lo avessero davvero letto». Secondo l’ottica difensiva, quindi, i Giudici di merito hanno commesso un errore, avendo «ritenuto perfezionato il reato attraverso la mera spedizione della e-mail».
Questa obiezione coglie nel segno, secondo la Cassazione, che perciò mette in discussione la condanna e reputa necessario un nuovo giudizio in Tribunale.
I Giudici del Palazzaccio richiamano innanzitutto il principio secondo cui «la diffamazione è reato di evento, che si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l’espressione offensiva». Ciò significa che non è solida la decisione presa dai Giudici del Tribunale, i quali, affrontando il tema del «requisito della comunicazione con più persone», si sono limitati a «ritenere raggiunta la relativa prova sulla base del riscontrato pervenimento del messaggio di posta elettronica incriminato a destinatari terzi», senza però «precisare la natura di tale riscontro», e soprattutto senza rispondere alle contestazioni difensive secondo cui tale riscontro «sarebbe costituito dalla mera indicazione degli indirizzi dei suddetti destinatari nella stampa della copia del messaggio recapitata alla persona offesa». I Giudici della Cassazione ribadiscono che «il requisito della comunicazione con più persone» nell’ipotesi di «invio di messaggi di posta elettronica» richiede «la prova dell’effettivo recapito, sia esso la conseguenza di un’operazione automatica impostata dal destinatario ovvero di un accesso dedicato al server». In sostanza, per parlare di «diffamazione» è sufficiente «la prova che il messaggio sia stato scaricato» e cioè «trasferito sul dispositivo dell’utente dell’indirizzo», mentre «può presumersi l’effettiva lettura». In questa vicenda, però, osservano i Giudici, manca «la prova del recapito del messaggio ai due destinatari terzi», non potendo essere decisivo a tale scopo «il fatto che la persona offesa – cui pure il medesimo messaggio era stato trasmesso – lo abbia ricevuto». Su questo fronte è quindi necessario un approfondimento in Tribunale, tenendo presente però, concludono i Giudici della Cassazione, che è possibile fare riferimento alla «accertata abitudine del destinatario di accedere con frequenza al server di posta elettronica» oppure alla «adozione sui dispositivi nella sua disponibilità di impostazioni di collegamento automatico al medesimo server» per ritenere provata la ricezione del messaggio.
a cura di Alessandro Gargiulo