Condanna definitiva per Trenitalia in merito a una procedura relativa all’estate del 2006. Evidente, secondo i Giudici, la discriminazione realizzata applicando un limite minimo di altezza identico per uomini e donne.
Questo il paletto fissato dalla Cassazione che ha condannato Trenitalia ad assumere come Capo Treno Servizi una donna che nell’estate del 2006 era stata valutata come inidonea fisicamente per “deficit staturale (altezza inferiore ai 160 centimetri)” (Cassazione, sentenza numero 3196, sez. Lavoro, depositata il 4.2.2019).
Contesto della vicenda è «la procedura di assunzione di personale con qualifica di ‘Capo Treno Servizi’» bandita nel 2006 da Trenitalia. Numerose le candidature registrate, ma a una delle aspiranti Capo Treno arriva alla fine di luglio di quell’anno una ferale comunicazione: è stata esclusa alla luce della sua «inidoneità fisica», connessa al suo «deficit staturale».
In sostanza, secondo Trenitalia, quella ragazza non potrà mai svolgere il ruolo di Capo Treno perché ha «una altezza inferiore ai 160 centimetri», limite, quest’ultimo, applicato sia agli uomini che alle donne.
Pronta l’opposizione della candidata esclusa dalla corsa a un posto di lavoro. E le obiezioni da lei proposte convincono i giudici, che, prima in Tribunale e poi in appello, sanzionano Trenitalia, ritenendo il «limite» relativo all’altezza minima dell’aspirante Capo Treno un esempio di «discriminazione indiretta», anche perché «non oggettivamente giustificato, né comprovato nella sua pertinenza e nella sua proporzionalità alle mansioni comportate dalla qualifica».
E ora Trenitalia si ritrova obbligata in modo definitivo ad assumere la donna. Anche per i magistrati della Cassazione, difatti, è evidente, come già per i Giudici del Tribunale e della Corte d’Appello, la discriminazione compiuta nell’estate del 2006.
In sostanza, non può essere ritenuto legittimo «il limite staturale di 160 centimetri prescritto nella procedura di assunzione di personale con qualifica di ‘Capo Treno Servizio’» bandita da ‘Trenitalia’. Ciò alla luce del principio secondo cui «in tema di requisiti per l’assunzione, qualora in una norma secondaria sia prevista una statura identica per uomini e donne», essa è «in contrasto con il principio di uguaglianza» poiché «presuppone erroneamente la non sussistenza della diversità di statura mediamente riscontrabile tra uomini e donne» e comporta «una discriminazione indiretta» a sfavore delle donne.
Peraltro, va tenuto presente, aggiungono i Giudici, che l’azienda non ha provato «la rigorosa rispondenza del limite staturale alla funzionalità e alla sicurezza del servizio da svolgere», e quindi non vi è stata «la dimostrazione di una congrua giustificazione della statura minima» prevista «in riferimento alle mansioni comportate dalla qualifica» di Capo Treno.
a cura di Alessandro Gargiulo