“Insolito Feuilleton”. Lo strano caso dell’Avvocato Grenouille. Capitolo I


Non se ne faceva una ragione di santa ragione. Qualcuno gli aveva detto che al piano 30 della Torre Z posta nel Vecchio Palazzo di Giustizia, c’era l’Ufficio delle produzioni “messe da parte“, cioè quelle in attesa di giudizio. Non definite, ma messe da parte.

Un ufficiale giudiziario forse, un collega o un cliente aveva parlato di quell’angusto e ristretto luogo (cosa assai strana dato che se fosse stato piccolo mai avrebbe potuto ospitare le produzioni “messe da parte”, posto che tali incartamenti fossero in numero assai impegnativo), ma cosa volesse dire produzioni “messe da parte” restava un mistero. Una produzione era legata al fascicolo d’ufficio e seguiva tutto il corso del processo. E di questa dicitura, l’avvocato Grenouille non si raccapezzava.

Blaterava assurdi ragionamenti e contro pensieri nella piazza del Tribunale, grattandosi la testa con la mano destra con ansia sfrenata alternando l’operazione con l’osservazione maniacale delle lancette dell’orologio psichedeliche sul polso sinistro. I polsini della camicia erano lisi e ingialliti e, a tratti, pezzati da macchie d’olio mai stinte. Sbuffava e imprecava, ce l’aveva con qualcuno al quale non sapeva dare un nome.

L’avvocato Grenouille aveva circa cinquant’anni, era magro fino all’osso e aveva lunghe braccia e lunghe gambe, sembrava piuttosto un’ombra, una figurina cinese di carta pronta a spiccare il volo non appena qualcuno ci avesse soffiato su. Era praticamente un avvocato come tanti, aveva messo su uno studietto in periferia e aveva assunto una segretaria, la signorina Oie, bionda slavata e scambiata a causa di ripetuti shampoo, la cui unica occupazione era rispondere alle telefonate di improbabili clienti e utilizzare il computer per il processo civile on line di cui, naturalmente, l’avvocato Grenouille non sapeva praticamente nulla. Per lui un byte stava alla tastiera come una stella sta ad una caverna. Ma di questo non si occupava minimamente, era sicuro dell’operato della signorina Oie, un po’ meno contento quando questa riempiva di fumo denso lo spazio di appena 50 mq del suo studio legale.

Quella mattina era sceso in Tribunale, “Il Palazzo delle Torri” come lo chiamava in gergo il popolino, perché si era messo in testa di andare al piano 30 della Torre Z per vedere come fosse fatto l’Ufficio in questione. Era praticamente diventata un’ossessione, da quando qualcuno lo aveva nominato, trovare l’Ufficio delle Produzioni “messe da parte” era diventata priorità assoluta. Dopo una serie di giri in piazza a rimuginare sul come fare per entrare nella stanza che lo ossessionava, si decise per mettersi sulla via che lo avrebbe portato a scoprire cosa c’era oltre quella porta.

Con tali ragionamenti e canticchiando nervosamente un Mozart, si diresse verso il primo ascensore libero. Le torri del Palazzo di Giustizia erano tantissime e poste nei punti più disparati. In realtà l’architettura del Tribunale rimandava ad una figura geometrica contorta: all’interno di un esagono vi erano due pentagoni, per un totale di 26 torri disposte scomposte lungo i lati delle stesse figure.

Le file interminabili agli ascensori erano finite, e non fu difficile per l’avvocato Grenouille entrare velocemente e pigiare il numero 30, il penultimo piano della torre Z. Con lui vi sgattaiolarono all’interno due signorine assai strane. Erano entrambe occhialute, con lenti spesse come fondi di bottiglia. La più alta delle due aveva un neo grosso ed arrogante che spuntava dal labbro inferiore e dal quale svettavano ciuffi di peli neri come baffi di un gatto. Mentre la più bassa delle due aveva una scollatura fino all’ombelico, dalla quale si intravedeva un piercing scambiato e arrugginito. Avevano aliti pesanti ma di questo l’avvocato Grenouille se ne curò assai poco, era praticamente troppo preso e sommerso dall’ossessione dell’Ufficio Produzioni “messe da parte”. Il tempo di percorrenza dell’ascensore verso il piano 30 fu interminabile, ovunque si percepivano sobbalzi e sbuffi, scricciolii e risatine nervose. Sembrava quasi che all’esterno delle pareti ci fossero topi grandi come gatti intenti a rosicchiare fili elettrici. Le due donne sbuffavano e imprecavano e, a giudicare dai borbottii, avevano un bel da fare al piano 29 della Torre Z.

L’Avvocato Grenouille aveva il cervello che frullava come le pale di un mulinello, era troppo assorto nei suoi pensieri e contro pensieri per notare quelle due obbrobriosità al femminile. A tratti fantasticava sulla signorina Oie e sui suoi capelli ingialliti dai quintali di tabacco che incamerava giorno dopo giorno. Gli paiceva farsi strani film a luci rosse con la sua segretaria, in somma un classico evergreen.

Al piano 30, segnato di verde sul display dell’ascensore, la porte scorrevoli si aprirono e davanti agli occhi dello smilzo legale si stagliò un corridoio lunghissimo fatto di mattonelle macchiate. In fondo si intravedevano alcune porte grigio topo.

Anita P.

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