
In base alla formulazione ambigua utilizzata dalla legge delega, era facoltà del Governo ritenere che l’esigenza di tutela rafforzata collegata all’incapacità della persona offesa ricorra anche rispetto al delitto di lesioni stradali gravi o gravissime, produttivo di notevoli conseguenze pregiudizievoli per la salute della vittima, le quali, a loro volta, possono determinare una situazione di incapacità, transitoria o permanente, tale da renderle più difficoltosa un’eventuale iniziativa giudiziaria nei confronti del responsabile delle lesioni (Corte Costituzionale, sentenza n. 223/2019, depositata il 24.10.2019).
La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 36/2018 – recante “Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103” – nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela anche per i delitti previsti dall’art. 590-bis, comma 1, c.p., rubricato “Lesioni personali stradali gravi o gravissime”.
Il rimettente ricorda che la l. n. 103/2017 aveva delegato il Governo a prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, tranne che per alcune eccezioni espressamente previste, tra le quali, in particolare, quella relativa alle ipotesi in cui “la persona offesa sia incapace per età o per infermità”.
La mancata inclusione tra i delitti procedibili a querela delle fattispecie di lesioni stradali gravi e gravissime di cui all’art. 590-bis, comma 1, c.p., è stata giustificata dal Governo, nella Relazione illustrativa al primo schema di decreto legislativo, in ragione della considerazione che il legislatore ha già equiparato, ai fini della descrizione della fattispecie, la malattia allo stato di incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni. Il delitto di lesioni si connota, quindi, per l’evento, che ben può consistere in uno stato di incapacità, e la previsione di delega non specifica se essa debba essere intesa come temporanea o permanente, piena o anche solo parziale, sicché il legislatore delegato non può che accoglierne la nozione più ampia, con conseguente perseguibilità d’ufficio.
La Commissione giustizia della Camera dei deputati, nel formulare il 6 dicembre 2017 il proprio parere favorevole con condizioni allo schema di decreto legislativo, ha espresso sul punto il proprio dissenso, richiedendo che la procedibilità a querela fosse estesa anche alle fattispecie delittuose in questione. In particolare, secondo la Commissione, la condizione di incapacità della vittima dovrebbe ritenersi riferibile ai casi in cui le particolari condizioni di vulnerabilità della vittima, per età o per infermità, preesistano al comportamento criminoso dell’autore del reato e siano, perciò, da questo indipendenti: pertanto, la maggiore gravità del fatto – cui si lega la scelta di mantenere ferma la perseguibilità d’ufficio – dovrebbe essere ancorata alla circostanza che l’agente, per la realizzazione del reato, ha sfruttato una situazione di minorata difesa della vittima, antecedente alla condotta punita, che ha reso più agevole l’esecuzione, piuttosto che ad una situazione di infermità procurata anche a seguito della condotta criminosa.
Lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri dell’8 febbraio 2018 non ha accolto la condizione espressa dalla Commissione.
I rilievi della Commissione giustizia della Camera dei deputati, riproposti nell’ordinanza di rimessione del giudice a quo, fanno leva essenzialmente sull’argomento testuale – di per sé non peregrino – secondo cui l’espressione “sia incapace” alluderebbe ad una condizione di incapacità della persona offesa preesistente alla condotta criminosa e non già ad una situazione creata dalla condotta criminosa stessa, come avviene nel caso delle lesioni personali.
A fronte di ciò, la Consulta – dopo aver osservato come la formula normativa utilizzata dal legislatore delegante sia in radice ambigua – afferma che era facoltà del Governo ritenere che l’esigenza di tutela rafforzata collegata alla particolare vulnerabilità della persona incapace ricorra anche rispetto al delitto di lesioni stradali gravi o gravissime, produttivo di notevoli conseguenze pregiudizievoli per la salute della vittima, le quali, a loro volta, possono determinare una situazione di incapacità, transitoria o permanente, tale da renderle più difficoltosa un’eventuale iniziativa giudiziaria volta a sollecitare la persecuzione penale del responsabile delle lesioni.
D’altra parte, la previsione della procedibilità a querela delle ipotesi delittuose contemplate dall’art. 590-bis, comma 1, c.p., si sarebbe posta in aperta contraddizione con la scelta, compiuta appena due anni prima dal Parlamento con la l. n. 41/2016 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali), di prevedere la procedibilità d’ufficio di tutte le fattispecie di lesioni stradali di cui all’art. 590-bis c.p., in considerazione del particolare allarme sociale determinato dalle condotte che con la nuova incriminazione si intendevano contrastare; mentre, all’evidenza, la scelta del legislatore delegante appariva volta a prevedere la procedibilità a querela per fatti di modesto contenuto offensivo.
In conclusione, il giudice delle leggi ritiene che il Governo non abbia travalicato i fisiologici margini di discrezionalità impliciti in qualsiasi legge delega, avendo adottato un’interpretazione non implausibile.
a cura di Alessandro Gargiulo