
Respinta la richiesta avanzata dalla donna. Decisiva la constatazione che il legame col marito era solamente virtuale: a testimoniarlo la rottura della convivenza e il fatto che lui aveva una nuova compagna, a cui peraltro è stato riconosciuto il risarcimento. Respinte anche le obiezioni dei figli, che hanno ricevuto un ristoro economico ridotto per la morte del padre: su questo fronte i Giudici hanno evidenziato la distanza fisica e affettiva tra l’uomo e i figli (Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 28222/2019, depositata il 4.11.2019).
Il Fatto. A dare il ‘la’ alla vicenda giudiziaria è un drammatico incidente mortale, avvenuto in Sicilia quasi 12 anni fa. A perdere la vita è un uomo, a cui viene addebitata però la metà della colpa per il terribile episodio. A chiedere un adeguato risarcimento dei danni riportati sono diversi familiari, tra cui la moglie – con cui era ormai acclarata la separazione di fatto – e i due figli maggiorenni e distanti anche geograficamente dal padre.
Per i Giudici di merito la ricostruzione del contesto familiare è decisiva. In sostanza, si è appurato che l’uomo «non conviveva più, da lungo tempo, con la moglie – dalla quale era soltanto separato di fatto – né con i figli maggiorenni», e ciò è sufficiente, secondo i Giudici, per «giustificare un risarcimento ridotto ai figli», risarcimento quantificato in 50mila euro ciascuno, e per negarlo invece alla moglie, mentre esso è riconosciuto alla sua nuova compagna.
La decisione della Cassazione. La decisione confermata in appello è stata poi impugnata in Cassazione dalla donna e dai due figli. Per i Giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, è corretto il richiamo fatto tra primo e secondo grado alla situazione familiare dell’uomo morto in seguito all’incidente stradale.
In prima battuta viene posto in evidenza il fatto che i due figli «erano ormai ultratrentenni al momento del decesso del padre e da tempo non più conviventi con lui». Logico, quindi, ritenere «il legame padre-figli non cessato», sebbene l’uomo «avesse ormai una nuova compagna e vivesse con lei da molti anni», e legittima la decisione di ridurre «il risarcimento del danno non patrimoniale in favore dei due figli» – quantificato in 50mila euro a testa –, tenendo presente che «la convivenza dell’uomo con i figli era cessata da quasi vent’anni».
Decisiva, quindi, «la lontananza non solo geografica ma anche affettiva» del genitore rispetto ai figli, anche perché non è stato posto in evidenza «alcun elemento da cui poter inferire che il legame si fosse mantenuto così come avviene normalmente in costanza di convivenza».
Discorso simile per quanto concerne la pretesa avanzata dalla moglie, che deve dire addio definitivamente a ogni ipotetico risarcimento.
Decisivi alcuni dettagli, cioè «la cessazione della convivenza tra la moglie e il marito da oltre vent’anni» e «l’instaurazione di una nuova relazione affettiva da parte dell’uomo» con «sostanziale cessazione dei rapporti con la coniuge, pur senza addivenire ad una separazione legale». Significativo, poi, è ritenuto anche il dato relativo alla «assenza di un contributo economico da parte dell’uomo per il sostentamento della moglie».
Così, a fronte della acclarata «assenza di una stabile convivenza» tra la coppia ancora coniugata e preso atto della mancanza di indizi di una «possibile ripresa» del loro rapporto, è corretta la decisione di negare il risarcimento alla donna per il presunto danno subito a seguito della morte del marito.
a cura di Alessandro Gargiulo