Precisazione e modifica della domanda giudiziale


La memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. consente all’attore di precisare e modificare le domande già proposte, ma non anche di proporre domande ed eccezioni che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto, che vanno invece proposte, a pena di decadenza, entro la prima udienza di trattazione (Corte di Cassazione, sez. VI Civile-3, ordinanza n. 30745/2019, depositata il 26.11.2019).

Un imprenditore, avente l’attività di noleggio camper, conveniva in giudizio una società di assicurazione esponendo che aveva noleggiato un camper ad un altro soggetto, il quale aveva denunciato il furto del mezzo ed esso era coperto da una polizza assicurativa a garanzia dei danni da furto. Chiedeva dunque la condanna della società di assicurazione al pagamento dell’indennizzo dovuto. Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano le richieste dell’imprenditore poiché non provate. Quest’ultimo ricorre così in Cassazione, lamentando che la richiesta del pagamento dell’indennizzo previsto dal contratto assicurativo per l’ipotesi di appropriazione indebita non era una domanda nuova, ma una modifica della domanda originaria resa della convenuta, che aveva contestato la sussistenza del furto. Infatti, per l’assicuratore la perdita del camper era stata causata da una appropriazione indebita e non da un furto.

L’attore, infatti, nel primo grado di giudizio avrebbe potuto riqualificare la domanda originaria ma non lo fece, poiché modificò la propria domanda solo con la prima memoria di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c.. La società convenuta, nella memoria presentata ai sensi del suddetto art. 183, eccepiva il maturare della preclusione ed il Tribunale che avrebbe dovuto rilevare d’ufficio il maturare della preclusione ma non lo fece, incorrendo in una nullità (se il giudice si pronuncia sul merito ignorando la questione pregiudiziale, incorre in error in procedendo). A ciò consegue che la Corte d’Appello non avrebbe potuto pronunciarsi sulla questione della novità della domanda di pagamento dell’indennizzo perché tale questione era stata risolta in modo viziato dal Tribunale. E tale errore, consistito nella violazione dell’art. 276, comma 2, c.p.c. non era stato censurato in via incidentale, pertanto sull’ammissibilità di quella domanda si era formato il giudicato interno, che può essere rilevato ex officio in sede di legittimità anche se formatosi dopo la sentenza di primo grado.

Sulla base di tali considerazioni, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice che dovrà esaminare la domanda di pagamento in applicazione di tali principi di diritto:
– la memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., consente all’attore di precisare e modificare domande già proposte, ma non anche di proporre domande ed eccezioni che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto, che vanno invece proposte, a pena di decadenza, entro la prima udienza di trattazione;
– l’ordine di trattazione delle questioni, di cui all’art. 276, comma 2, c.p.c. da un lato lascia al giudice la libertà di scegliere, tra le questioni di merito, quella «che ritiene più liquida», dall’altro gli impone di esaminare prima di tutto le questioni pregiudiziali di rito (rispetto a quelle di merito).
Proseguono i Giudici di legittimità che la violazione della suddetta regola costituisce «una causa di nullità del procedimento, che resta tuttavia sanata se non venga fatta valere con l’impugnazione o, nel caso in cui la parte che ne risulti svantaggiata sia quella vittoriosa in primo grado ed appellata, con l’appello incidentale»
.

a cura di Alessandro Gargiulo

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