Alle Sezioni Unite questione su ordinanze applicative di misure cautelari per fatti connessi


In ipotesi di una pluralità di ordinanze applicative di misure cautelari per fatti connessi, la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare deve essere effettuata frazionando la durata complessiva della custodia cautelare, imputandovi solo i periodi relativi a fasi omogenee, o computando l’intera durata della custodia cautelare, anche se relativa a fasi non omogenee? La parola alle SS.UU. (Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n. 8546/2020, depositata il 3.3.2020). 

L’imputato, tramite proprio difensore, impugna l’ordinanza del Tribunale con cui è stato rigettato il ricorso avverso il provvedimento applicativo della misura cautelare in carcere per acquisto e rivendita di stupefacenti, deducendo violazione degli artt. 297, comma 3, e 303 c.p.p.. In Particolare, la difesa dell’uomo dinanzi al Tribunale del riesame aveva chiesto la ridatazione dei termini dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP alla data di esecuzione di un’altra misura cautelare adottata in altro procedimento, con conseguente dichiarazione di inefficacia per decorrenza dei termini massimi già al momento della seconda ordinanza. Ed i reati erano stati commessi prima della data di emissione della prima ordinanza cautelare e sono tutti connessi. 

Secondo l’orientamento giurisprudenziale più risalente al riguardo, in casi di più ordinanze applicative di misure cautelari per fatti connessi, la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, ai sensi dell’art. 297, comma 3, c.p.p., impone, per il calcolo dei termini di fase, di frazionare la globale durata della custodia cautelare, «imputandovi solo i periodi relativi a fasi omogenee».
A questo orientamento, però, se ne contrappone un altro, in virtù del quale, in casi di più ordinanze applicative di misure cautelari per fatti connessi, la retrodatazione di cui sopra non può imporre il frazionamento della globale durata della custodia cautelare, perché così facendo andrebbe a vanificare la garanzia sottesa alla regola della retrodatazione, ossia la necessità di concentrare in un unico contesto temporale le vicende cautelari che danno luogo a simultanei titoli custodiali.
Sula base di tale contrasto giurisprudenziale la Suprema Corte decide di rimettere la questione alle Sezioni Unite, chiedendo se, in ipotesi di più ordinanze applicative di misure cautelari per fatti connessi, la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, ex art. 297, comma 3, c.p.p., deve essere effettuata frazionando la durata complessiva della custodia cautelare, imputandovi solo i periodi relativi a fasi omogenee, o computando l’intera durata della custodia cautelare, anche se relativa a fasi non omogenee.

Alessandro Gargiulo

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