Mater semper certa est, pater nunquam. La madre è sempre nota, il padre mai. (Anonimo)

L’origine della Festa del Papà
Da pochi giorni è passato il 19 Marzo, giornata dedicata alla Festa del Papà; ma quanti di noi conoscono l’origine di tale festa? Secondo alcuni è possibile ricondurre la sua istituzione nel giugno del 1910 quando, una tale Sonora Smart Doll (americana) decise di fissarla al 19 di quello stesso mese, in quanto data di nascita del suo amato padre che aveva combattuto nella guerra di Secessione. Si sa comunque che nel 1966 il Presidente USA Johnson fissò la data della festa proprio al 19 giugno di ogni anno.
Come invece i cattolici sanno, il 19 Marzo è stato scelto (e istituzionalizzato in Italia dal 1968) in quanto è il giorno in cui si festeggia la figura paterna per eccellenza nel cristianesimo, ovvero San Giuseppe, sposo di Maria di Nazareth, madre di Gesù. Volendo però essere meno religiosi e più “laici”, non possiamo fare a meno di ricordare che proprio in quella data i romani festeggiavano le baccanali, rituali dedicati al dio Dioniso (Bacco) e dall’alto valore Propiziatorio: si chiedeva il favore degli dei in occasione della semina e della raccolta di alcune messi. Non possiamo fare a meno di ricordare che tali riti avevano, spesso, delle connotazioni di tipo orgiastico.
Ma cosa c’entrano tutte queste informazioni con i papà? Beh, forse ad una prima lettura quasi nulla; eppure conoscere le radici di un rituale, ovvero una festività, può aprire alla riflessione sul valore psicologico e simbolico del ruolo sociale di colui che chiamiamo “Padre”.

A volte tendiamo ad associare tale figura con il principio maschile, ovvero quello della definizione di ciò che è (Dio che “divide” il Cielo dalla Terra…e poi crea tutte le cose.); nulla di più falso (almeno a livello psicologico)!
Difatti, secondo alcune prospettive gnoseologiche (e in particolare per la psicologia umanistico-esistenziale) il ruolo del Padre coincide con quell’entità fisica che si “prende cura” del campo affettivo e vitale della diade madre-bambino; figura pertanto Protettiva, capace di essere rivestita da chiunque possa svolgere tale funzione. D’altronde, la stessa figura di San Giuseppe, padre “non biologico” del Gesù nato da Maria, è una evidente rappresentazione di tale simbolismo. In un certo senso, potremmo allargare la visuale e recuperare nella funzione paterna il trittico presepiale (tanto amato da San Francesco) di Giuseppe, il bue e l’asinello (non voglio soffermarmi qui sul valore simbolico che tali animali avevano nel tempo del poverello d’Assisi).
Ma allora il Padre chi è?
Ma allora, il Padre chi è? Domanda che molte volte alcune persone si chiedono quando cercano di scrutare, nei lineamenti di un neonato, le caratteristiche morfologiche di coloro che lo registrano nell’anagrafe nuovi nati. Ebbene, il Padre non esiste! O, per essere più precisi (e prendendo in prestito alcuni orizzonti epistemici di ambito psicoanalitico): il Padre è Frutto della Madre!
Volendo sorvolare sul valore che la stessa organizzazione verticistica della società ha voluto dare a tale figura (onde tutelare anche il patrimonio economico e di titoli di famiglie e clan appartenenti ad una comunità), attraverso istituzioni come la Patria podestà o l’imposizione del cognome del genitore maschio (unico modo che entità umane complesse e asessuate, come le famiglie, avevano per proteggersi e perpetuarsi nei secoli), psicologicamente parlando un Padre è solo e semplicemente una emanazione del potere Materno, colui che permette al bambino di individuare sé stesso e di procedere sulla strada della scoperta e costruzione del Sé: la seconda e dolorosa nascita del percorso dell’essere umano in quanto essere sociale.
La funzione paterna, quindi, è fondamentale? Beh, sì se vediamo in essa la possibilità per un individuo in formazione di scoprire chi è e quale contributo può dare al genere umano. Allo stesso tempo, però, un essere indicato dalla Madre del bambino come Padre, incapace o tendente alla negazione (o, ancora peggio, al dubbio se volere o meno esserlo) di tale funzione di protezione e “fertilizzazione” del futuro del figli@, rischia di essere uno dei fattori alla base di confusioni, conflitti e progressive patologie psichiche nella mente del infante.
Se quindi la Madre nasce, in quanto tale, insieme al Figli@, per il Padre non avviene la stessa cosa: Padri ci si diventa, per responsabile scelta Materna e per determinante Volontà personale di Chi decide di svolgere tale funzione!

In conclusione: si Fa il Padre o si È Padre?
In conclusione: si Fa il Padre o si È Padre? Ritengo di poter sostenere che, per quanto riguarda tale figura/funzione nella nostra società umana, si Fa e si È Padre, contemporaneamente, oppure si è qualcosa d’altro, forse anche più Importante. Si è Padre se si sente, profondamente in sé stessi, di aver contribuito (anche solo con il proprio seme innescante nella donna la Trasmutazione del suo Sé, processo tanto amato dal simbolismo dionisiaco e orfico) alla nascita fisica e/o psicologica di una Donna in quanto Madre e, nello stesso momento, si fa il Padre quando si riesce a proteggere il bene più prezioso dell’umanità: un orizzonte di speranza per la diade madre-bambino prima e per il futuro essere umano poi.
Quando i succitati due momenti non collimano, il Padre come funzione ed essere sociale allora non esiste? Beh, forse no ma, allo stesso tempo, potrebbe rivelarsi qualcosa o qualcuno di ancora più importante: un Essere capace di Amare profondamente chi non gli appartiene come se fosse una delle parti più Profonde ed Importanti del proprio Sé…forse, un giorno, potremmo riscoprire in quelle persone ed in quelle figure la testimonianza più alta dell’Umanità: i Figli non appartengono ai genitori ma a tutti coloro che si prendono cura di loro, ovvero all’Arcobaleno dell’Intera Umanità rappresentata nel Bue, nell’Asinello e…in San Giuseppe!
Salvatore Rotondi