di Salvatore Rotondi
Sapete che cos’è l’amicizia? Sì, essere fratello e sorella, due anime che si toccano senza confondersi, le due dita della mano. (Victor Hugo)

Fratelli e sorelle
L’attuale termine fratello è identificabile come diminutivo di frate, contrazione cioè del latino frate che, a sua volta, trova riscontro nel sanscrito bhratar, la cui radice bhar- è legata all’idea di sostentamento e nutrizione. Il termine sorella, invece, derivante dal latino soror, ha in sé il termine sor- che significa donna e indica la figlia degli stessi genitori. Entrambi i termini, comunque, definiscono quindi il rapporto di parentela di un individuo rispetto ad altri figli di medesimi genitori, oppure di genitori diversi.
Proprio per questo motivo un fratello (o una sorella) potrebbe essere visto come il rappresentante relazionale del potere familiare di sostenere; quindi “colui che sostiene”, una sorta di “secondo padre” (l’etimologia infatti è simile) che verrà poi accompagnato per tutta la vita dagli altri “bhratar”.
Partendo da questa doverosa parentesi etimologica, ci accorgiamo di quanto i termini che abbiamo preso in considerazione indicano e/o designano una delle funzioni fondamentali (seppur pericolose) del sistema relazionale in cui ognuno di noi è immerso. Se per le prime fasi di vita di ogni persona i gradi di parentela determinano il nostro orizzonte affettivo (basti pensare, ad esempio, alle vecchie tradizioni delle famiglie allargate di passare il periodo estivo tutti insieme), durante la scolarizzazione prima e, in particolar modo, durante il periodo più intenso della adolescenza, i termini di fratello e sorella acquistano valori che superano i legami familistici e ci connettono alla nostra comune appartenenza al genere umano: pensiamo in tal senso all’utilizzo che si fa di tali termini in particolari slang attribuiti, anche filmicamente, agli afroamericani.
La famiglia di ognuno di noi
Io, che non ho né sorelle né fratelli, guardo con una certa dose di innocente invidia quelli che si può dire che siano nati da amici. (James Boswell)

La famiglia di ognuno di Noi, così, si apre al di là delle radici dei consanguinei per intrecciare i propri rami non attraverso legami sociali come fidanzamenti e matrimoni, ma attraverso la comune appartenenza a riti, miti e a volte luoghi presidiati e protetti contro “gli Altri”, quelli cioè che non ci sono né fratelli né sorelle, perché diversi da Noi. In un certo senso, è come se ogni volta l’essere umano faccia un salto di “sistema”: ricerca i propri fratelli e sorelle, la “famiglia”/”identità” a cui appartenere ed a cui affidarsi, per poi organizzarsi in primis sulla spinta e la “paura” del diverso, di ciò che non posso sentire come appartenente a me, alle mie necessità di sostegno e nutrizione. E così capita che si smarrisce o si rimuove la stessa spinta che ci ha fatto uscire dal recinto della nostra piccola famiglia per abbracciare il principio della ricerca della nostra umanità.
Siamo tutti creature dello stesso creatore, e perciò siamo realmente tutti fratelli e sorelle. (Dalai Lama)
Sembra sempre che ci manchi qualcosa, che qualcuno o qualcosa ci stia sottraendo quello che è nostro di diritto (immagini che a volte tornano e si palesano durante i percorsi di terapia di pazienti i cui più profondi conflitti sono legati alle relazionalità fraterne infantili e non); eppure, allo stesso tempo, ci ripetiamo continuamente di vivere in società opulente mentre miliardi di persone fanno la fame. Nel fumetto “Watchman” (1988) di Alan Moore e Dave Gibbons, in molti frangenti si sottolinea come guerre e sconti nascano dall’idea “…che non ce ne sia mai abbastanza per tutti.”. Ma di cosa non ne abbiamo mai abbastanza? Della Paura? Del Cibo? Del Potere? Della Libertà? Di cosa?
Nelle pagine del vangelo secondo Matteo, Gesù definisce gli umani che si trovano nel bisogno e nella sofferenza “i miei fratelli, i minimi, i più piccoli”, rivelando altresì che ogni azione perpetrata con ciascuno di essi decide del rapporto con lui nel Regno di Dio: “Tutto quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli, i più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Quei fratelli di Gesù non sono ovviamente i cristiani, ma sono gli ultimi, i diversi, gli Altri, di tutte le epoche della storia e di tutti i luoghi del Mondo. Nello Specchio del mio fratello più in difficoltà, lì allora forse è possibile scorgere lo Sguardo di Dio.
La “paura dei fratelli”: allontanamento dl potenziale più profondo dell’umanità
I sentimenti ostili tra fratelli e sorelle devono essere molto più frequenti nell’infanzia di quanto possa osservare l’occhio cieco dell’adulto. (Sigmund Freud)

Perché allora avere paura dei nostri fratelli e sorelle umani quando, essi stessi, sono alla ricerca in noi di quella fonte di sostegno e nutrimento che per tutta la vita cerchiamo? Il senso della paura e dell’invidia familisticamente proiettato sui gruppi diversi dal nostro, come potenziali accaparratori del seno materno e delle attenzioni protettive paterne, non fanno altro che allontanarci dal potenziale più profondo dell’umanità: quel senso di partecipazione ad un movimento infinito ed evolutivo, che supera lo spazio ed il tempo, nonché gli stati di coscienza di ognuno di Noi, che per qualcuno rappresenta la fonte più pura dell’Amore divino, mentre per altri è solo la concretizzazione del nostro Vero Essere, della nostra Essenza più Pura e del Senso del nostro Esistere.

L’Individuazione di ognuno di Noi passa attraverso questi processi per molti inevitabili: paura del Diverso, invidia del Diverso, Odio del Diverso, Amore del Diverso nell’Altro e in Me stesso…ogni volta che questo processo fallisce e porta a qualche forma di distruzione, perdiamo parti di Noi stessi ma soprattutto sostegno e nutrimento, fratelli e sorelle…
…pensiamoci allora sempre due volte prima di dirci e di dire agli altri: Io non ho bisogno di Te…chissà, forse stiamo rifiutando il nostro più intimo e caro fratello o sorella, la nostra ultima occasione per essere veramente e pienamente Esseri Umani!
Salvatore Rotondi