Pagamento compensi dell’avvocato: opposizione a decreto ingiuntivo e onere della prova


In tema di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di diritti ed onorari richiesti dall’avvocato, la contestazione mossa da quest’ultimo circa la pretesa fatta valere dall’opposto sulla base della parcella corredata dal parere del Consiglio dell’Ordine «non deve avere carattere specifico, potendo essere anche generica, risultando comunque idonea ad investire il giudice del potere – dovere di dar corso alla verifica della fondatezza della contestazione e, correlativamente, a determinare l’onere probatorio a carico del professionista in ordine all’attività svolta e alla corretta applicazione della tariffa» (Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 24120/2020, depositata il 30.10.2020). 

Un avvocato otteneva l’ingiunzione di pagamento per l’importo di oltre 16mila euro nei confronti di una società quale compenso per il patrocinio svolto in un procedimento dinanzi alla Corte di Appello di Milano. La società ingiunta ha proposto opposizione lamentando l’assenza della data nella relata di notifica e il fatto che l’importo era già stato richiesto con autonomo ricorso monitorio nei confronti dell’amministratore della società. Il Tribunale rigettava l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo.
La decisione è stata ribaltata dal Giudice di seconde cure che ha rilevato come le prestazioni elencate dall’avvocato fossero generiche, con conseguente carenza probatoria da parte del difensore stesso circa l’attività svolta.

La pronuncia è stata impugnata dinanzi alla Suprema Corte per la violazione degli artt. 115, 167 e 183 c.p.c., in quanto nell’atto di opposizione non era stata sollevata alcuna contestazione circa l’effettivo svolgimento dell’attività difensiva o sulle voci indicate nella parcella, mentre, nel termine di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c. l’opponente aveva contestato solo la voce “consultazioni con il cliente”, rinviando alle deduzioni istruttorie ogni ulteriore difesa. Secondo il ricorrente, non era ammissibile nel corso del giudizio dedurre motivi nuovi o modificare la domanda oggetto di opposizione.

La doglianza risulta priva di fondamento. Il Collegio ricorda che, secondo la consolidata giurisprudenza, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione dove il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa dell’opposto che assume la posizione processuale di attore. L’opponente invece si pone quale convenuto sostanziale ed ha l’onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere inefficacia dei fatti costitutivi o l’esistenza di fatti estintivi o modificativi della pretesa.
Ne consegue che «le contestazioni riguardanti la spettanza del compenso con riferimento alle prestazioni effettivamente svolte, non sostanziavano – quindi – il contenuto di una domanda giudiziale, venendo ad integrare una mera difesa, ossia una negazione del fatto costitutivo della domanda monitoria, che la parte poteva certamente proporre nel termine di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, nel testo applicabile ratione temporis»
.
Viene poi richiamato il principio secondo cui «in tema di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di diritti ed onorari di avvocato o procuratore, la contestazione comunque mossa dell’opponente circa la pretesa fatta valere dall’opposto sulla base della parcella corredata dal parere del Consiglio dell’Ordine non deve avere carattere specifico, potendo essere anche generica, risultando comunque idonea ad investire il giudice del potere – dovere di dar corso alla verifica della fondatezza della contestazione e, correlativamente, a determinare l’onere probatorio a carico del professionista in ordine all’attività svolta e alla corretta applicazione della tariffa» (Cass. Civ. n. 11790/19; Cass. Civ. n. 230/16).

In conclusione, risulta parzialmente fondata la censura con cui l’avvocato lamenta l’esclusione del compenso per la comparsa di costituzione, la conclusionale e la memoria. La pronuncia impugnata infatti, pur dando atto dell’avvenuta costituzione del difensore mediante il deposito di comparsa, non ne ha poi tenuto conto in sede di liquidazione, riconoscendo il compenso per la redazione solo di una diversa memoria, che però, come è ammesso dalla controricorrente, riguardava deduzioni difensive pertinenti ai risultati della c.t.u..
Per questi motivi, il ricorso viene parzialmente accolto e la sentenza impugnata viene cassata con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Alessandro Gargiulo

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