di Giuseppe Storti
Legittima l’esclusione – prevista dal Regolamento consiliare di un Ente locale – dal computo dei votanti (quorum funzionale) dei consiglieri che hanno fatto dichiarazione esplicita di astensione dal voto di una deliberazione consiliare. Difatti l’astensione non esprime né approvazione né disapprovazione, rispetto al merito di una proposta che viene messa in votazione in sede di consiglio comunale. In questo senso la sentenza del TAR Lombardia n. 680/2020, che esclude altresì l’esistenza di precetti costituzionali da cui possa evincersi il corretto computo della dichiarazione di astensione da parte di organi assembleari in sede di deliberazione.
Con la sentenza del 1° ottobre del 2020 la prima sezione di Brescia del Tar Lombardia, ha esplicitato in maniera compiuta il corretto funzionamento delle sedute di Consiglio comunale, con un puntuale excursus del rapporto e della distinzione tra quorum strutturale e funzionale in occasione delle votazioni di delibere consiliari, per il computo degli astenuti, al fine della determinazione della maggioranza utile alla approvazione del provvedimento in esame del civico consesso. Il TUEL all’art. 38, nel prevedere il contenuto minimo dei regolamenti consiliari dei comuni e delle province, indica il numero minimo di consiglieri la cui presenza è necessaria per la validità della seduta consiliare, fissandolo ad un terzo dei consiglieri assegnati per legge all’Ente, escludendo dal computo il sindaco ed il Presidente della Provincia. Il Sindaco ed il Presidente della Provincia sono esclusi unicamente dal computo per la determinazione della validità di costituzione dell’Assemblea (numero legale), che non può scendere al di sotto di un terzo dei consiglieri spettanti in base alla norma ai singoli enti. Resta la discrezionalità dei singoli enti di fissare un quorum strutturale diverso per la prima o la seconda convocazione dell’Assise, salvo il limite minimo fissato dal richiamato art. 38 del TUEL. L’esclusione del Sindaco dal computo del numero legale, vale oltrechè ai fini della validità delle delibere consiliari, anche negli altri casi nei quali va determinato il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute. Il quorum strutturale di un organo assembleare è il numero minimo (cosiddetto legale) di componenti al di sotto del quale non è possibile scendere, pena l’impossibilità di funzionamento dello stesso organismo assembleare in ossequio al principio generale di funzionamento degli organi collegiali ricavato ex art. 141, comma 1, lettera b), numero 3 del TUEL. Il quorum strutturale di una singola seduta consiliare se viene meno determina ed inficia la regolarità degli atti votati, ma travolge altresì l’intera validità della seduta e degli atti conseguenziali. La disciplina posta dall’art. 38 comma 2- secondo le argomentazioni della Corte, nella sentenza de qua comporta un duplice effetto:
1) La giustapposizione di una riserva regolamentare a favore dell’Ente, che può determinare nella fonte regolamentare del funzionamento del consiglio un quorum costitutivo, quale facoltà di auto organizzazione dell’Organo consiliare;
2) Dall’altro, vi è un contenuto indefettibile, fissato ex lege: un limite necessario per il funzionamento dell’Organo assembleare, al di là del quale viene meno la validità della sua costituzione ab initio: ovvero la presenza di un terzo dei consiglieri assegnati in base alla legge ai singoli enti, escluso il Sindaco ed il Presidente della Provincia.
È ovvio che il quorum strutturale deve sussistere ab initio per la validità della costituzione dell’Organo, ma anche per la validità delle singole delibere assembleari votate dal Consiglio.
Il quorum funzionale, invece, sussiste e viene in considerazione per la validità delle votazioni delle singole proposte, ovvero un minimo di voti a favore: “maggioranza relativa” metà più uno dei componenti l’assemblea, che hanno partecipato al voto, distinguendosi dalla maggioranza “assoluta”: metà più uno dei componenti effettivi della assemblea, al di là della partecipazione e/o della assenza al voto. Infine vi è la maggioranza “rafforzata”, che deve comprendere un numero superiore alla metà più uno dei componenti effettivi dell’organo collegiale.
La maggioranza si considera speciale quando il numero dei membri dell’organo collegiale è superiore alla metà. Difatti per l’approvazione degli Statuti comunali occorre il voto dei due terzi dei consiglieri assegnati per legge.
La maggioranza assoluta, invece, è richiesta dal TUEL per l’approvazione del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale.
La maggioranza relativa o semplice invece è prevista ogni volta che non sia richiesta una maggioranza qualificata, ad esempio il Presidente del consiglio comunale è eletto con maggioranza semplice. Il criterio è quello della semplice prevalenza dei voti, senza alcun rapporto tra numero dei presenti, né il numero dei votanti. Colui o coloro che dichiarano di astenersi fanno quorum, ovvero contribuiscono a far raggiungere il numero legale, utile per la validità della costituzione della seduta, ma il loro voto non va computato tra i votanti.
Nel merito la sentenza del Tar accoglie il ricorso presentato da alcuni consiglieri di opposizione in esito al conteggio del voto degli astenuti nel cosiddetto quorum funzionale o deliberativo, ribadendo che il voto degli astenuti presenti va solo ed unicamente considerato, nel computo utile per la validità della seduta dell’organo collegiale(quorum strutturale), ma non va assolutamente considerato nel computo dei voti utili per la validità della deliberazione(quorum funzionale e/o deliberativo). Il Tar ribadisce che la regolamentazione del quorum deliberativo e/o funzionale è lasciata all’autonomia degli Enti Locali, che la disciplinano con lo strumento statutario, di contro la normativa statuale interviene unicamente sul quorum strutturale, ovvero sul minimo numero di consiglieri che devono essere necessariamente presenti per la validità della seduta, parametrando detto numero ad un terzo dei consiglieri assegnati per legge ad un Ente Locale. Infine, non esiste alcun principio di natura costituzionale, dal quale possa evincersi il corretto metodo di calcolo degli astenuti da parte degli organi collegiali deliberanti, che non sia quello fissato nei regolamenti consiliari.
Giuseppe Storti