Rinnovo Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari. Sezioni Unite: l’azione collettiva è ammissibile


di Alessandro Gargiulo

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno escluso il conflitto di interessi con riferimento all’azione proposta con un unico atto da più avvocati appartenenti allo stesso COA in seguito alle elezioni di rinnovo, dichiarandola così ammissibile (Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza n. 29106/2020, depositata il 18.12.2020).

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono espresse sul caso di ineleggibilità/incandidabilità che coinvolgeva un eletto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari in seguito alle elezioni indette per il rinnovo. Il candidato aveva infatti ricoperto la carica di consigliere dell’Ordine ininterrottamente per più di due mandati consecutivi nel periodo 2008-2014. Per tale motivo, diversi avvocati dell’Ordine avevano proposto reclamo al fine di ottenere la dichiarazione di nullità ovvero l’annullamento dei risultati dell’elezioni, dando vita ad un’azione collettiva.
La Cassazione si è pronunciata proprio sull’ammissibilità del ricorso collettivo ed ha anzitutto ricordato che il disposto dell’art. 28, comma 12, l. n. 247/2012 stabilisce che «contro i risultati delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell’ordine ciascun avvocato iscritto nell’albo può proporre reclamo al CNF entro dieci giorni dalla proclamazione».
Tale norma, secondo le Sezioni Unite, «è inequivoca nell’escludere che l’esperimento dell’azione debba comportare il conseguimento di uno specifico beneficio in favore di colui (o di coloro) che la propone (o la propongono) e, quindi, implica l’ammissibilità di un rimedio impugnatorio (con lo strumento del reclamo) sotto forma di azione collettiva, che si inquadra nel più ampio “genus” dell’azione popolare».
La c.d. azione popolareprosegue la Corte, «rappresenta un’ipotesi di azione eccezionalmente concessa dal legislatore, allo scopo di tutelare un interesse pubblico, attraverso l’attribuzione di una legittimazione diffusa, che, perciò, prescinde dalla specifica titolarità di una situazione giuridica soggettiva qualificata in capo all’attore (o agli attori). La rilevanza di tale interesse, e quindi la sua tutelabilità in funzione del soddisfacimento di un fine dotato di una connotazione pubblicistica (di ripristino della legalità), è riconosciuta “ex ante” dal legislatore e non richiede, pertanto, un accertamento da parte del giudice, nel senso che l’interesse ad agire deve presumersi sussistente, una volta verificata la pertinenza al soggetto dell’interesse di cui si lamenta la lesione».
L’art. 28, comma 12, l. n. 247/2012, dunque, «rende evidente che tutto ciò che attiene alla regolarità dei risultati elettorali (sotto il profilo dell’eleggibilità e/o incandidabilità dei candidati poi eletti e della legittimità delle correlate operazioni) non investe la posizione del singolo elettore, bensì il corpo elettorale nel suo complesso per la tutela di un interesse pubblico nei sensi poc’anzi specificati».
Pertanto, risultando irrilevanti le ragioni soggettive dell’azione ed essendo, invece, essenziale l’emergenza della finalità del ripristino della legalità delle operazioni elettorali del COA, secondo la Suprema Corte «deve negarsi – contrariamente a quanto ritenuto dal CNF con la sentenza impugnata in questa sede – la stessa configurabilità di un conflitto di interessi nel caso di specie, per le ragioni prima precisate, con riferimento all’azione proposta con un unico atto da più avvocati appartenenti allo stesso COA delle cui elezioni si controverte».

Conclude la Cassazione, «rispetto allo specifico complessivo “petitum” dedotto con il reclamo proposto dinanzi al CNF (consistente nella richiesta di accertamento dell’esistenza in capo all’avvocato di una causa di incandidabilità e/o ineleggibilità e nella conseguente dichiarazione della nullità od illegittimità di tutti gli atti elettorali successivi, ivi compresa la proclamazione degli eletti, con la ricomprensione nel relativo risultato anche del citato avvocato) ed in dipendenza della finalità con esso perseguito tramite la proposizione di un’ammissibile domanda in forma collettivadeve essere escluso il conflitto di interessi».

Alessandro Gargiulo

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