UNA SENTENZA CHE CAMBIA LA GESTIONE GIURIDICA DELLA PANDEMIA


di Federico Iossa

È assurta con poco risalto agli onori della cronaca, e soprattutto può rappresentare un precedente di grande rilevanza interpretativa ed applicativa dell’intera gestione della emergenza sanitaria a livello giuridico, la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia con la quale il GUP Dario De Luca avrebbe disapplicato il DPCM che prevedeva sanzioni penali in caso di violazione della quarantena o dell’obbligo di autocertificazione.
Brevemente, il caso riguardava due coniugi che avevano violato la quarantena lo scorso 13 marzo 2020 e avevano falsificato un’autocertificazione; fatto per il quale avevano subito una contestazione di falso in atto pubblico.

Il Giudice ha assolto i due coniugi per insussistenza del fatto

Il motivo starebbe nel fatto che il DPCM che imponeva la quarantena fosse incostituzionale, quindi illegittimo, poiché l’obbligo di restare a casa costituirebbe non una violazione dell’art. 16 Cost., ossia della libertà di circolazione, per la quale è prevista una riserva di legge relativa (ossia la legge può porre limitazioni a carattere generale mentre gli atti secondari possono disciplinare il dettaglio), ma una vera e propria limitazione della libertà personale ex art. 13 Cost., per la quale è invece prevista una riserva di giurisdizione: infatti, l’art. 13 dice espressamente che:

La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria (…)”

Pertanto, solo un giudice potrebbe imporre una limitazione alla libertà personale, mai una legge o addirittura un atto sotto ordinato. Per tale motivo, il DPCM, e il decreto legge che lo ha autorizzato, sarebbero da questo punti di vista in contrasto con la Costituzione, e questo giustificherebbe il potere del giudice di disapplicarli ed assolvere i coniugi poiché la fattispecie penale di cui sono stati accusati di fatto non esisterebbe.
Insomma: il nucleo centrale di questa decisione, che in realtà corrisponde in parte a quanto a suo tempo già affermato da altri giudici, come il Giudice di Pace di Frosinone, consisterebbe nel fatto che quel tipo di limitazioni non afferirebbero all’art. 16 (nel qual caso sarebbero infatti legittime) ma all’art. 13, nel qual caso sarebbero invece vietate per espressa disposizione costituzionale.

Non ha rilevanza penale la compilazione di una falsa autocertificazione

Federico Iossa, nasce a Napoli l’11.07.1973. Si laurea in Giurisprudenza all’Università Federico secondo di Napoli nell’ottobre del 1996, con una tesi in Diritto e Procedura Penale presso la Cattedra del Prof. Riccio. Dal 1996 al 1998 collabora con la Cattedra di Procedura Penale del Prof. Avv. Alfonso Furgiuele, presso l’Università di Campobasso, divenendo cultore della materia. Iscritto all’Albo degli avvocati dell’Ordine di Napoli nel 2000, attualmente esercita attività di patrocinio forense e consulenza stragiudiziale in diritto penale e procedura penale, con particolare riguardo alle tematiche inerenti i reati contro la P.A. Dal 2000 a tutt’oggi ha partecipato a numerosi corsi di formazione, conseguendo specializzazioni in Diritto penale minorile, Diritto penale di Impresa, Diritto penale di internet e nuove tecnologie, Diritto penale finanziario, Reati contro la P.A, Reati ambientali, Diritto sportivo. Attualmente collabora con alcune riviste giuridiche, nonché quotidiani on line, ed è Componente della Commissione Penale del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.

E di conseguenza deve essere prosciolto perchè il fatto non costituisce reato chi, un anno fa, in violazione alle prescrizioni del Dpcm dell’8 marzo 2020 si era fatto sorprendere in strada con un modello di autocertificazione che riportava ragioni prive di fondamento, asserendo la necessità di una visita in ospedale. In questo senso conclude la Sezione Gip-Gup del tribunale di Reggio Emilia con la sentenza n. 54 del 2021.
Nello specifico, sottolinea la sentenza, è evidente che un Dpcm, atto regolamentare di rango secondario nella gerarchia delle fonti di natura giuridica, non può intervenire a disporre un obbligo di permanenza in casa. Ma il Gip-Gup di Reggio Emilia si spinge anche oltre e osserva che neppure una legge o un decreto legge potrebbe prevedere in via generale e astratta, nel nostro ordinamento, l’obbligo della permanenza domiciliare disposto nei confronti di una pluralità indeterminata di cittadini, «posto che l’articolo 13 della Costituzione postula una doppia riserva, di legge e di giurisdizione, implicando necessariamente un provvedimento individuale, diretto dunque nei confronti di uno specifico soggetto».
La pronuncia ricorda poi che, trattandosi di un atto amministrativo come il Dpcm, non è necessario un rinvio della questione alla Consulta perchè ne venga dichiarata l’illegittimità. A disapplicarlo basta l’intervento della magistratura.
A nulla serve poi il passaggio del divieto dall’area della libertà personale a quello della libertà di circolazione, circoscrivendo solo a quest’ultimo la prescrizione del Dpcm. Per la sentenza infatti la libertà di circolazione, come affermato dalla Corte costituzionale, può trovare limitazione con riferimento all’accesso a determinati luoghi, magari perchè giudicati infetti, ma non può essere confusa con una vera e propria limitazione della libertà personale.
Per il giudice di Reggio Emilia quindi il Dpcm è illegittimo, come detto,  per violazione dell’articolo 13 della Costituzione e la redazione dell’autocertificazione rappresenta una costrizione «incompatibile con lo stato di diritto del nostro paese». Per questo la falsità del documento, provata negli atti, non ha i connotati dell’antigiuridicità e non deve essere punita sul piano penale. Si configura infatti il caso di un falso inutile perchè incide su un documento irrilevante.

Si impongono ordunque alcune brevi riflessioni a seguito di questa pronuncia, che è passata in secondo piano nella cronaca mainstream, ma che invece potrebbe cambiare l’intera visione della gestione della crisi pandemica nel nostro paese.
Le limitazioni previste dai provvedimenti governativi, nonché, aggiungiamo, a cascata anche da quelli a carattere regionale, sono di fatto azzerate da una sentenza di un Giudice, divenuta nel frattempo definitiva, poiché non appellata dalla Procura, e che quindi “in nome del popolo Italiano, ha stabilito che le limitazioni della libertà di circolazione, così come la permanenza domiciliare, sono illegittime, così come previste dai provvedimenti del Governo e delle Regioni.
Ci troviamo, quindi, ad un anno dall’inizio della crisi pandemica, in Italia, nella singolare situazione in cui dal punto di vista giuridico non è stata trovata una formula in grado di rendere efficaci le misure di contenimento, ma i provvedimenti emanati dagli uffici legali dei due Governi che si sono succeduti, risultano avere una caratterizzazione esclusivamente di tipo politico, una sorta di misure che hanno soltanto una funzione deterrente, e che se non osservate dal cittadino, non possono comportare alcuna conseguenza né di natura amministrativa, né di natura penale (anche alla luce delle depenalizzazioni del Dl 19/2020) nei suoi confronti.

Federico Iossa

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