Le frodi telematiche


(Rinnovate frontiere del diritto penale telematico)

di Federico Iossa

Federico Iossa, nasce a Napoli l’11.07.1973. Si laurea in Giurisprudenza all’Università Federico secondo di Napoli nell’ottobre del 1996, con una tesi in Diritto e Procedura Penale presso la Cattedra del Prof. Riccio. Dal 1996 al 1998 collabora con la Cattedra di Procedura Penale del Prof. Avv. Alfonso Furgiuele, presso l’Università di Campobasso, divenendo cultore della materia. Iscritto all’Albo degli avvocati dell’Ordine di Napoli nel 2000, attualmente esercita attività di patrocinio forense e consulenza stragiudiziale in diritto penale e procedura penale, con particolare riguardo alle tematiche inerenti i reati contro la P.A. Dal 2000 a tutt’oggi ha partecipato a numerosi corsi di formazione, conseguendo specializzazioni in Diritto penale minorile, Diritto penale di Impresa, Diritto penale di internet e nuove tecnologie, Diritto penale finanziario, Reati contro la P.A, Reati ambientali, Diritto sportivo. Attualmente collabora con alcune riviste giuridiche, nonché quotidiani on line, ed è Componente della Commissione Penale del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.

Negli ultimi periodi, causa come prevedibile la pandemia che accelera notevolmente un processo già in atto da qualche tempo, abbiamo un notevole aumento delle cosiddette frodi telematiche.
Nel 2015 truffe e frodi informatiche sono state complessivamente 145.010, nel 2016 sono state 151.464, nel 2017 164.157; la cifra è purtroppo cresciuta ulteriormente nel 2018, toccando quota 189.105, mentre nel 2019 si è superata la soglia dei 200.000 episodi, con 212.106 truffe e frodi informatiche. 

Mentre si riducono, in particolar modo, i furti (- 43,8%) e le rapine (- 34,6%), in controtendenza i reati informatici aumentano notevolmente nel 2020 (+12,5%). E la statistica è destinata tristemente a crescere.
I reati informatici, o “computer crimes”, possono essere definiti come il risvolto negativo dello sviluppo tecnologico dell’informatica e della telematica.
Lo sviluppo delle tecnologie informatiche ha infatti permesso di disegnare nuovi scenari da qualche decennio a questa parte.  

Negli ultimi anni la maggior parte delle attività umane svolte manualmente o attraverso apparecchiature meccaniche, hanno lasciato il passo a più efficienti implementazioni digitali, che si sono ancor maggiormente arricchite con la necessità degli individui di rimanere a casa, e da casa di accedere ad un mercato virtuale in notevole progressione. Con ciò si vuole sottolineare il fatto che la maggior parte delle attività sociali, lavorative e di svago passano oggi attraverso reti telematiche.
Dal connubio informatica‐reti telematiche originano inoltre ampie possibilità per la crescita delle aziende e delle comunità in genere.  Da ciò si sviluppano attività quali ad esempio l’e‐commerce, l’e‐government, l’home‐banking, il trading online e tante altre attività che consentono di rendere più efficiente la società nel suo complesso, ma al contempo la rendono estremamente net‐centrica.

L’evoluzione e la diffusione delle tecnologie informatiche e telematiche degli ultimi anni hanno reso il computer, con frequenza sempre maggiore, strumento o oggetto di attività illecita. Di conseguenza, il legislatore è dovuto intervenire, anche sul piano penale, attraverso l’introduzione di nuove fattispecie criminose definite computer crimes o reati informatici.

Per rendere più agevole la comprensione dei provvedimenti normativi previsti dalla legislazione italiana, appare conveniente suddividere in macrocategorie le diverse aree:
a) Frodi informatiche;
b) Falsificazioni;
c) Integrità dei dati e dei sistemi informatici;
d) Riservatezza dei dati e delle comunicazioni informatiche.

Frodi Informatiche

Il delitto di Frode informatica, disciplinato dal libro II, titolo XIII, articolo 640 ter codice penale, è stato introdotto dalla legge n. 547 del 1993.
Si parla qui di un reato consistente nel trarre in inganno un elaboratore elettronico, al fine di ricavarne un guadagno economico (per sé o per altri complici), a danno di un soggetto terzo (solitamente il detentore dell’elaboratore elettronico).
Si tratta perciò di un’estensione del reato di truffa descritto all’articolo 640 codice penale.
Articolo 640‐ter (“Frode informatica”):Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549 se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell’articolo 640, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo comma o un’altra circostanza aggravante.”

Tra i reati che più frequentemente vengono compiuti, e che ricadono, tra gli altri, all’interno della “frode informatica”, vi sono le cd. pratiche di phishing e quelle di diffusione di appositi programmi truffaldini, definiti Dialer.
Il phishing altro non è che un’attività finalizzata ad estorcere dati personali (in prevalenza legati alle carte di credito od ai conti bancari) attraverso una richiesta esplicita al suo legittimo possessore.
Il principale metodo per porre in essere il phishing è quello di inviare una mail simile a quella che verrebbe inviata da un regolare istituto (banca, sito d’aste, provider, ecc. e con relativo logo identificativo), nella quale si riportano vari tipi di problemi tecnici (aggiornamento software, scadenza account, ecc.) che motivano l’utente a cliccare sul link riportato nella mail per andare ad aggiornare i propri dati personali.
Chiaramente il link non porta al “vero” sito dell’istituzione, ma ad un sito fasullo ed opportunamente creato dall’autore del reato di phishing, che si impossesserà così dei dati inseriti dall’utente.
Il dialer è un piccolo programma (pochi kilobyte) appositamente scritto per dirottare la connessione Internet dell’ignaro utente verso un altro numero telefonico, spesso di tariffazione internazionale e comunque sempre molto più caro rispetto alla comune chiamata telefonica al numero POP del proprio provider.
Attraverso l’utilizzo del dialer il guadagno è multiplo; operatori di telefonia, società produttrici dei dialer, webmaster.
È però da precisare che l’utente finale (singolo o azienda che sia) viene colpito dal dialer solo nel momento in cui effettivamente lo scarica e lo installa sul proprio computer.
Il dialer infatti è un normalissimo programma e come tale deve preventivamente essere installato per poter essere eseguito. Una volta installato sarà il dialer che automaticamente sostituirà il numero ordinario di connessione con un numero a tariffazione maggiorata.

Falsificazioni

La seconda macrocategoria, quella delle falsificazioni, è regolamentata dal Codice Penale attraverso l’articolo 491‐bis contenuto nel Titolo VII “dei delitti contro la fede pubblica”, Capo III “della falsità in atti”.
Articolo 491‐bis (“Documenti informatici”):Se alcuna delle falsità previste dal presente capo riguarda un documento informatico pubblico o privato, si applicano le disposizioni del capo stesso concernenti rispettivamente gli atti pubblici e le scritture private. A tal fine per documento informatico si intende qualunque supporto informatico contenente dati o informazioni aventi efficacia probatoria o programmi specificamente destinati ad elaborarli.”
Il documento informatico acquista effettiva valenza legale con la legge 59/1997 (articolo 15 comma 2).
Per poter però essere valido un documento deve poter essere autenticato e se ne deve poter attribuire la paternità.
A tale scopo interviene la firma digitale, e nel D.P.R. 513/97 articolo 1 lettera “b” se ne dà una definizione: s’intende “per firma digitale, il risultato della procedura informatica (validazione) basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia, una pubblica e una privata, che consente al sottoscrittore tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici”.
Con la firma digitale dunque si attesta anche l’integrità ed il non ripudio del documento (quindi si scongiura la falsità materiale), in quanto nella procedura di firma digitale viene generato un particolare codice crittografico derivante dalla “mescolanza” dei dati identificativi del mittente con il contenuto vero e proprio del documento (hash); qualora al momento della ricezione vi sia corrispondenza tra i codici crittografici ottenuti, si avrebbe conferma dell’integrità del documento e dell’autenticità del mittente.

Integrità dei dati e dei sistemi informatici

Il Codice Penale regolamenta poi una terza macrocategoria, che riguarda l’integrità dei dati e dei sistemi informatici, attraverso vari articoli, tra cui il 635‐bis del codice penale sul “danneggiamento di sistemi informatici e telematici”, contenuto nel Titolo XIII “dei delitti contro il patrimonio”, Capo I “dei delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone”;
Articolo 635‐bis (“Danneggiamento di sistemi informatici e telematici”):Chiunque distrugge, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili sistemi informatici o telematici altrui, ovvero programmi, informazioni o dati altrui, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se ricorre una o più delle circostanze di cui al secondo comma dell’articolo 635, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è della reclusione da uno a quattro anni.”
Aggravante del reato “danneggiamento di sistemi informatici e telematici” è l’articolo 420 codice penale “attentato a impianti di pubblica utilità” contenuto nel Titolo V “dei delitti contro l’ordine pubblico”. Il Codice Penale interviene anche estendendo l’articolo 392 (“Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose”), ai sistemi informatici (comma 3).
Bisogna infine sottolineare l’art. 615‐quinquies (“Diffusione di programmi diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico”):Chiunque diffonde, comunica o consegna un programma informatico da lui stesso o da altri redatto, avente per scopo o per effetto il danneggiamento di un sistema informatico o telematico, dei dati o dei programmi in esso contenuti o ad esso pertinenti, ovvero l’interruzione, totale o parziale, o l’alterazione del suo funzionamento, è punito con la reclusione sino a due anni e con la multa sino a euro 10.329.”
Con l’articolo 615‐quinquies si mira a reprimere tutti i programmi cioè rientranti sotto la categoria di malicious software (o malware).

Riservatezza dei dati e delle comunicazioni informatiche

Ultima macrocategoria dei reati informatici è quella inerente alla riservatezza dei dati e delle comunicazioni informatiche. In tale ambito il Codice Penale interviene con l’intento di reprimere forme di intrusione nella sfera privata altrui.
Il primo provvedimento previsto dalla legge 547/93 in materia di riservatezza dei dati e delle comunicazioni informatiche è quello adottato con l’articolo 615‐ter del Codice Penale “accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico”, Titolo XII “dei delitti contro la persona”, Capo III “dei delitti contro la libertà individuale”, Sezione IV “dei delitti contro la inviolabilità del domicilio”.
Articolo 615‐ter (“Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico”):Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni. La pena è della reclusione da uno a cinque anni: 1) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema; 2) se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero se è palesemente armato; 3) se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l’interruzione totale o parziale del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti.
Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni.
Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa; negli altri casi si procede d’ufficio.”
Con questo articolo si vuole tutelare il sistema informatico, inteso qui come vera e propria estensione del domicilio dell’individuo, al fine di proteggerlo da accessi non autorizzati e da permanenza non gradita.

Altre disposizioni del Codice Penale in materia di riservatezza dei dati e delle comunicazioni informatiche, le si possono riscontrare nell’articolo 615‐quater.
Articolo 615‐quater (“Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici”): “Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto o di arrecare ad altri un danno, abusivamente si procura, riproduce, diffonde, comunica o consegna codici, parole chiave o altri mezzi idonei all’accesso ad un sistema informatico o telematico, protetto da misure di sicurezza, o comunque fornisce indicazioni o istruzioni idonee al predetto scopo, è punito con la reclusione sino ad un anno e con la multa sino a euro 5.164.
La pena è della reclusione da uno a due anni e della multa da euro 5.164 a euro 10.329 se ricorre taluna delle circostanze di cui ai numeri 1) e 2) del quarto comma dell’articolo 617-quater”.

Sempre in riferimento alla macrocategoria sulla riservatezza dei dati e delle comunicazioni informatiche, il Codice Penale individua nell’articolo 621 (Titolo XII “dei delitti contro la persona, Sezione V “dei delitti contro la inviolabilità dei segreti”) un ulteriore forma di protezione della riservatezza dei propri documenti.
Articolo 621 (“Rivelazione del contenuto di documenti segreti”): “Chiunque, essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto, che debba rimanere segreto, di altrui atti o documenti, pubblici o privati, non costituenti corrispondenza, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.
Agli effetti della disposizione di cui al primo comma è considerato documento anche qualunque supporto informatico contenente dati, informazioni o programmi. Il delitto è punibile a querela della persona offesa.”
Più nello specifico dell’ambito informatico entrano gli articoli 617‐quater, 617‐quinquies e 617‐sexies (Titolo XII “dei delitti contro la persona”, Sezione V “dei delitti contro la inviolabilità dei segreti”), i quali tutelano la riservatezza delle comunicazioni informatiche proprio come nello stesso Codice Penale sono tutelate le comunicazioni per mezzo di apparecchiature telefoniche, telegrafiche ed epistolari attraverso gli articoli 617 e seguenti.
Il fine ultimo di tali articoli è comunque quello espresso attraverso l’articolo 616 codice penale sulla “Violazione, sottrazione e soppressione della corrispondenza”, sostenuto, tra l’altro, anche dall’articolo 15 della Costituzione Italiana sulla libertà e segretezza della corrispondenza e della comunicazione.

Con l’emergenza Covid-19, come detto, sono emersi o si sono intensificati diversi fenomeni criminosi. Tra questi, oltre ad un forte accentuarsi degli attacchi cyber, si sono riscontrati diversi casi di fabbricazione, fornitura od offerta di materiale medico contraffatto o non autorizzato, la maggioranza dei quali è avvenuta nel cyberspace, rendendo questi reati particolarmente difficili da prevenire e reprimere.
Un importante strumento per il contrasto di questi comportamenti criminosi è dato dalla Convenzione del Consiglio d’Europa Medicrime di Mosca del 28.10.2011 (sottoscritta ma non ancora ratificata dall’Italia), che prevede sanzioni per chi fornisce o vende online medicinali contraffatti o non autorizzati, nonché per gli acquirenti che utilizzino illegalmente internet per approvvigionarsi di farmaci non autorizzati e che impone la creazione di avvisi mirati agli utenti che visitano i siti di e-pharmacy non autorizzati.
Nel parere dell’8 aprile 2020, il Comitato Medicrime mette in guardia contro l’aumento del rischio di vendita di prodotti medici contraffatti, in questi tempi di carenza rispetto alla crescente domanda, quali medicinali, dispositivi medici, maschere protettive e test di screening rapido, che possono rivelarsi inefficaci o pericolosi per chi li utilizza.
Un  report, pubblicato nell’agosto 2020, analizza i dati dell’impatto sul cybercrime dell’emergenza Covid. Tra gennaio e aprile 2020, sono stati identificati circa 907.000 messaggi di spam, 737 incidenti dovuti all’impiego di malware e 48.000 URL dannosi, tutti correlati alla pandemia in corso. In particolare, il report segnala un’evoluzione negli obiettivi di tali attività criminose (non più individui e piccole aziende ma soprattutto grandi aziende, governi e infrastrutture), sottolineando, altresì, che l’impiego generalizzato dello smart working ha favorito la sottrazione di dati sensibili.

Federico Iossa

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