Il d.m. n. 55/2014 indica i parametri medi del compenso professionale dell’avvocato, dai quali il giudice si può discostare, purchè si mantenga tra il minimo ed il massimo risultanti dall’applicazione delle percentuali di scostamento, in più o in meno, previste dall’art. 4, comma 1, di tale decreto.
Il giudice ha, quindi, il potere di scendere al di sotto, o di salire al di sopra, dei limiti risultanti dall’applicazione delle massime percentuali di scostamento e tale possibilità può essere esercitata solo sulla scorta di apposita e specifica motivazione.
Quindi il giudice, anche in assenza di nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, deve indicare il sistema di liquidazione adottato, con la tariffa applicata, non potendo limitarsi ad una determinazione globale di tali compensi senza indicazione delle voci non considerate o ridotte.
Sul tema si è espressa la Suprema Corte, sez. VI Civile, con l’ordinanza n. 15443/21, depositata il 3 giugno 2021
Un avvocato chiedeva il suo compenso per aver svolto l’attività di sostituto del difensore d’ufficio durante un processo penale.
Il Tribunale, in parziale accoglimento, liquidava le spese necessarie per il recupero del credito per un totale di 600 euro.
Il professionista ricorre in Cassazione denunciando la violazione degli artt. 82 e 116 d.P.R. n. 115/2002 e dell’art. 2333, comma 2 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente liquidato i compensi richiesti in modo parziale e forfettario, non considerando l’attività effettivamente svolta dal difensore. Così arrecando lesione al decoro professionale.
Il motivo di doglianza è fondato in quanto la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di affermare che «il d.m. n. 55 del 2014 indica i parametri medi del compenso professionale dell’avvocato, dai quali il giudice si può discostare, purchè si mantenga tra il minimo ed il massimo risultanti dall’applicazione delle percentuali di scostamento, in più o in meno, previste dall’art. 4, comma 1, di tale decreto. Anche nel regime dettato dal d.m. n. 55 del 2014 deve riconoscersi al giudice il potere di scendere al di sotto, o di salire al di sopra, dei limiti risultanti dall’applicazione delle massime percentuali di scostamento (…) e tale possibilità può essere esercitata solo sulla scorta di apposita e specifica motivazione.
Ne deriva che il giudice, anche in assenza di nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, deve indicare il sistema di liquidazione adottato, con la tariffa applicata, non potendo limitarsi ad una determinazione globale di tali compensi senza indicazione delle voci non considerate o ridotte» (Cass. n. 4871/2018).
Nel caso di specie, il Tribunale ha liquidato il compenso dell’avvocato senza indicare le ragioni della decurtazione.
Per questi motivi la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rinvia la sentenza impugnata al Tribunale di Lecce in diversa composizione.
A cura di Alessandro Gargiulo