Contratti derivati ex art. 117 TUB


(Cass. civ., sez. I, 26.8.2021, n. 23489)

La Prima Sezione Civile sviluppa un’ampia e nitida riflessione che conduce a ritenere inapplicabili le norme del TUB ai contratti derivati costituendo questi diretta esplicazione di un servizio di investimento. Ciò anche nell’ipotesi in cui l’intermediario abbia contribuito a creare lo strumento finanziario configurando una negoziazione in conto proprio. La forma scritta è pertanto necessaria ai sensi dell’art. 23 TUF per il solo contratto quadro normativo e non per i successivi negozi attuativi.

Palace of Justice (Corte di Cassazione) of Neobaroque style in Rome, Italy

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 3964/2017, confermava la decisione di primo grado che, su istanza di una società correntista, aveva dichiarato la nullità delle clausole in punto di interessi ultra legali, anatocismo, commissione di massimo scoperto e spese, nonché la nullità del contratto swap perfezionato con la Banca. Relativamente a quest’ultimo, la Corte osservava che il derivato non avrebbe potuto sfuggire alla sanzione della nullità per inosservanza della forma prescritta dall’art. 117 TUB.
Ad avviso del giudice del secondo grado, il derivato non poteva difatti considerarsi un semplice ordine impartito dal cliente ma un contratto connotato da un contenuto ed un tecnicismo di complessità tale da ritenere impensabile il perfezionamento di proposta e accettazione per via telefonica o verbalmente.
Ricorreva per cassazione la Banca lamentando la falsa applicazione, da parte del secondo giudice, dell’art. 117 TUB.

La causa veniva rimessa alla discussione in pubblica udienza in considerazione del rilievo monofilattico della questione concernente l’applicabilità del citato articolo del TUB. La Corte di Cassazione ritiene fondato il motivo di ricorso della Banca. 

Osservano i Giudici di legittimità che il contratto in lite fu perfezionato in adempimento del contratto quadro recante le basi normative delle future negoziazioni in materia di derivati a cui era intendimento delle parti attenersi. In tal senso, l’assetto negoziale impresso al rapporto, per come si evince dalla stessa ricognizione contenuta nella sentenza impugnata, rimanda allo schema tipico dell’intermediazione finanziaria. Schema che, sempre a dire della Corte di Cassazione, si articola nella stipulazione del contratto-quadro che ha valenza di contratto normativo in quanto in esso trovano previsione le condizioni a cui andranno soggette le future contrattazioni — e per il quale l’art. 23, comma 1, TUF stabilisce a pena di nullità l’adozione della forma scritta — e nell’esecuzione degli ordini di investimento, da intendersi quali negozi attuativi dell’accordo consacrato nel contratto-quadro e di regola non soggetti al rispetto di speciali requisiti di forma.
Già dalla ricostruzione della fattispecie, a detta dei Giudici di legittimità, si apprende l’errore di ragionamento che ha viziato il ragionamento decisorio perché il giudice d’appello, pur individuando la vicenda nella cornice dell’intermediazione finanziaria, ha applicato impropriamente l’art. 117 TUB; ciò in violazione dell’art. 23, comma 4, TUF che fa espresso divieto di applicare ai contratti aventi ad oggetto i servizi di investimento le disposizioni di cui al Titolo VI capo I del TUB e quindi anche l’art. 117.
In ogni caso, la Cassazione afferma che ai contratti derivati, in quanto strumenti finanziari, si applicano le disposizioni del TUF; vengono poi richiamati alcuni precedenti di legittimità nei quali è confermata la riconducibilità dei contratti derivati al campo delle contrattazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari (Cass. n. 5114/2001, n. 10243/2000, n. 11279/1997). 

In particolare, nella sentenza della n. 10598/1995 è stato specificato che «nessuna rilevanza può avere in materia quanto stabilito dall’art. 117 t. u. Bancario, che prescrive obblighi di forma per i contratti Bancari e non per le attività d’intermediazione mobiliari». Ragion per cui il requisito della forma scritta già previsto dall’art. 6, comma 1, lett. c), 1. 2 gennaio 199 1, n. 1 (in difetto del quale il contratto è nullo) è da ritenersi soddisfatto a condizione che in tale forma sia stipulato il contratto normativo di servizi, nel quale risultino la natura dei servizi forniti, le modalità di svolgimento dei servizi stessi e l’entità e i criteri di calcolo della loro remunerazione, nonché le altre condizioni particolari convenute con il cliente. Una volta assolto l’onere della forma scritta per il contratto normativo, sempre seguendo il richiamato precedente di legittimità, i singoli negozi di esecuzione del ridetto contratto non debbono necessariamente essere stipulati per iscritto.
La Prima Sezione pone inoltre attenzione al dato normativo: l’art. 1, comma 2, lett. g), TUF, nel testo al tempo vigente, include tra gli strumenti finanziari i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti. A sua volta l’art. 1, comma 5, TUF definisce come servizi di investimento quelli che hanno ad oggetto strumenti finanziari.
Ne consegue che i contratti aventi ad oggetto operazioni in derivati, costituendo diretta esplicazione di un servizio di investimento, rientrano nel campo di applicazione delle  disposizioni del TUF. Le norme del TUB sono quindi inapplicabili per la preclusione prevista dall’art. 23, comma 4, TUF.
Il tutto come affermato dalle SS.UU. 8770/2020, è infine confermato dal comma 5 del richiamato art. 23 il quale stabilisce l’inapplicabilità dell’art. 1933 c.c. nell’ambito della prestazione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati.

Che le operazioni in derivati diano vita ad un servizio di investimento non può essere messo in discussione neppure nell’ipotesi in cui il derivato sia stato creato dall’intermediario. In questo senso la Corte di Cassazione cogliendo uno spunto reso dalle richiamate Sezioni Unite le quali hanno ricordato nella suddetta pronuncia che le negoziazioni in derivati sono eseguite in contropartita diretta. Viene, al riguardo, precisato dalla Prima Sezione che per i servizi di investimento in conto proprio o in contropartita diretta si intende fare riferimento a quelle attività di negoziazione che l’intermediario pone in essere in qualità di diretto interlocutore contrattuale del proprio cliente. Trattasi, come esplicitato dall’art. 1, comma 5-bis, TUF, di attività di compravendita che l’intermediario pone in essere nei confronti dell’investitore acquistando dal medesimo o vendendo al medesimo strumenti finanziari destinati, a seconda dei casi, a restare nel proprio patrimonio disponibile per essere in futuro eventualmente allocati presso terzi o ad uscirne per andare ad arricchire il patrimonio della controparte. La negoziazione in conto proprio rientra, quindi, a detta dei Giudici di legittimità, tra le modalità con le quali l’intermediario può dar corso ad un ordine di vendita o di acquisto di strumenti finanziari impartitogli dal cliente, con la particolarità in questo secondo caso che, in luogo di reperire gli strumenti finanziari sul mercato o presso terzi, l’intermediario si rende cessionario di strumenti finanziari di cui già sia in possesso trovandosi questi nel suo patrimonio.
In tale contesto il soggetto abilitato viene ad esercitare un duplice ruolo in quanto veste contemporaneamente l’abito dell’intermediario (che gli compete quale esecutore dell’ordine impartitogli dal cliente), e l’abito del venditore (che è conseguenza del fatto che egli ceda ai clienti strumenti finanziari già nella sua disponibilità). Il soggetto abilitato, puntualizza la Corte, si rende perciò parte tanto del rapporto di intermediazione prestando il servizio di investimento poiché procaccia gli strumenti finanziari, quanto del rapporto di vendita poiché trasferisce all’investitore gli strumenti finanziari che sono di suo interesse senza doverli previamente reperire sul mercato essendone già in possesso. 

Sul tema viene richiamata la decisione della Cass. n. 28432/2011 che ha escluso in tale ipotesi l’applicabilità degli artt. 1394 e 1395 c.c.. 

Questo schema negoziale, destinato a riprodursi tutte le volte in cui il soggetto abilitato assume in pari tempo la veste di intermediario e la veste di venditore, si appalesa, a detta della Corte di Cassazione, del tutto indifferente alla natura dello strumento finanziario che ne costituisce l’oggetto. La fattispecie di negoziazione per conto proprio si configura infatti allorché ricorra sia la duplicità di veste che assume il soggetto abilitato, sia il fatto che il servizio di investimento abbia ad oggetto uno strumento finanziario. Per tale deve intendersi, precisa la Prima Sezione, ove compreso in una delle tipologie elencate dall’art. 1, comma 2, TUF.
In altri termini, il fatto che l’intermediario-venditore concluda con il proprio cliente un contratto di investimento avente ad oggetto uno strumento finanziario che egli abbia contribuito a creare e che lo vede perciò parte anche del rapporto sottostante che in tal modo si costituisce non è affatto un ostacolo a far sì che l’operazione permanga nel campo dei servizi di investimento che il soggetto abilitato può disimpegnare in favore dell’investitore per mezzo di una negoziazione in conto proprio o in contropartita diretta.
Osserva, infine, la Corte che, rispetto alle ipotesi considerate, nel caso dei derivati lo strumento finanziario non è in genere preesistente, ma viene ad esistere nel momento della sua stipulazione. Il che ha indotto taluno ad evocare la disciplina dell’emissione di cui alla parte IV del TUF sul presupposto che non è collocabile ciò che non sia esistente. Questo, tuttavia, non sembra rappresentare ostacolo insormontabile per il legislatore nel ricondurre anche siffatta ipotesi nell’alveo dei servizi di investimento, diversamente non potendo spiegarsi, a livello sistematico, il disposto dell’art. 23, comma 5, TUF che non mostra affatto di dubitare che anche le operazioni in derivati diano vita ad un servizio di investimento.

In materia di contratti di intermediazione finanziaria le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con pronunce n. 898 del 16 gennaio 2018 e n. 1653 del 23 gennaio 2018, hanno enunciato il seguente principio di diritto: «il requisito della forma scritta del contratto quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti». 

Tale principio, come osservato da Cass. 21 giugno 2018 n. 16406, non può non operare nella materia dei contratti Bancari soggetti al d.lgs. n. 385/1993 TUB.
In presenza di contratti Bancari è cioè applicabile la conclusione cui pervengono le Sezioni Unite allorquando evidenziano come il dato della sottoscrizione dell’intermediario risulti “assorbito”, quindi privo di rilievo una volta che lo scopo perseguito dalla legge sia raggiunto attraverso la sottoscrizione del documento contrattuale da parte del cliente e la consegna a quest’ultimo di un esemplare del documento medesimo.
Per la giurisprudenza di merito, relativamente al requisito della forma scritta necessaria per il solo contratto quadro e non invece per i singoli ordini di investimento, cfr., di recente, Trib. Pistoia, n. 652 del 17 luglio 2021, inedita, ove richiamate Cass. n. 384/2012 e Cass. n. 28432/2011. In argomento, v. Cass. n. 9996/2014, secondo cui: «il contratto con il quale la Banca, fornendo i mezzi necessari all’adempimento del mandato ricevuto, anticipa al cliente, mediante erogazione diretta al terzo e con diritto al rimborso, le somme necessarie per il versamento dei “margini di garanzia” nelle operazioni in derivati finanziari, deve essere stipulato, ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. 23 luglio 1996, n. 415 (nel testo vigente “ratione temporis”), in forma scritta a pena di nullità azionabile solo dal cliente, sempre che quest’ultimo vi abbia interesse».
Sul fatto che la singola operazione in derivati integri un momento esecutivo del contratto quadro, precedentemente concluso, cfr. App. Salerno, 2 settembre 2020, n. 997.

Alessandro Gargiulo

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