di Salvatore Rotondi
“Quando l’oro parla, l’eloquenza è senza forza.” (Erasmo da Rotterdam)
“La felicità non risiede nel possesso dell’oro, la felicità abita nell’anima.” (Democrito)
“L’oro non può essere puro, e la gente non può essere perfetta.” (Proverbio cinese)
“L’amore è come l’argento vivo nelle tue mani. Lascia le dita aperte e lì vi resterà.
Stringilo e scapperà via.” (Dorothy Parker)
“Un genio senza educazione è come l’argento in una miniera.” (Benjamin Franklin)
“Il silenzio è d’oro, la parola d’argento.” (Proverbio)
“La fede è d’oro, l’entusiasmo è d’argento, il fanatismo è di piombo.” (Ugo Ojetti)
Il fascino dei gioielli
Chi, da bambino, non è mai stato affascinato dai gioielli dei propri genitori? Essi, molto spesso, erano fatti con metalli preziosi e associati a momenti di passaggio, rituali familiari e/o sociali, segnanti le tappe cronologiche della crescita individuale e del suo ingresso nella società.
Di particolare pregio e valore erano quegli oggetti costruiti o contenenti oro o argento. Il primo considerato più prezioso del secondo per lucentezza e luminosità. Ad oggi, però, molti pensano che la differenza di questi elementi sia sempre stata legata anche al loro valore economico; eppure, se torniamo indietro con la memoria geopolitica del nostro pianeta a circa centocinquanta anni fa, potremmo accorgerci che, per i traffici commerciali internazionali (la globalizzazione, in economia, è sempre esistita, almeno sin dai tempi di Marco Polo), il cosiddetto “silver standard” risultava essere fondamentale, nonché la base della fortuna dell’impero britannico (d’altronde, in Gran Bretagna, è più usuale trovare diffusi oggetti e preziosi in argento, anche di fattura molto particolare e storicamente interessante).
La storia però ci ricorda dei Conquistadores (in primis spagnoli) che attraversavano l’oceano alla ricerca dell’oro delle Americhe e delle atrocità commesse dagli uomini per il possesso dell’oro, del prezioso metallo che rappresentava l’immaginario del Tesoro per antonomasia. D’altronde, nella stessa cultura egizia e mesopotamica, l’oro aveva un ruolo simbolico fondamentale per le sue proprietà di lucentezza ma, soprattutto, perché sembrava catturare il potere del Sole. Già settemila anni fa, infatti, gli Egizi avevano attribuito all’oro un elemento di sacralità, elevandolo a simbolo di regalità ed eternità e creando così le basi per un gran numero di miti dell’oro divulgatosi nel corso della storia; in tal senso, pensiamo al mito del vello d’oro conquistato nella Colchide dagli Argonauti e quello, appunto, dell’Eldorado che fu febbrilmente cercato nell’America meridionale dagli europei senza essere mai trovato. Anche se essi si sviluppano in mondi, epoche ed eticità totalmente differenti, tali miti presentano sempre e comunque alcune interessanti analogie e giustapposizioni.
Oro e Sole, Argento e Luna
Scolpito inoltre, sembra, nel nostro inconscio collettivo l’associazione tra Oro e Sole, mentre molto spesso l’Argento viene associato ai riflessi della Luna. L’Oro, d’altronde, è etimologicamente legato a concetti come bocca, monte o aurum (termine anch’esso associato alla stella del nostro sistema planetario), mentre il termine argento deriva dal latino argentum e dal greco αργύριον, legati ad αργός “splendente, candido, bianco”.
Pertanto, relazioni economiche (quindi comportamenti e ritualità sociali), elementi naturali e valori simbolici si fondono così e prendono forma attraverso il nostro contatto con questi metalli: Oro e Argento (a quest’ultimo attribuirei anche alcune associazioni fatte rispetto ad un altro metallo, il mercurio, a cui veniva dato anche il nome di argento vivo e idrargirio, dal latino hydrargyrum (Hydrargyrum, difatti, è il nome da cui derivano le lettere Hg) che a sua volta deriva dal greco ὑδράργυρος hydrárgyros, composto da ὕδωρ, “hydor” (acqua) e ἄργυρος, “árgyros” (argento)).
La simbologia legata a questi elementi, quindi, non è solo vasta ma possiede anche una varietà di narrazioni che, nelle loro forme specifiche, non possono fare altro che accendere la nostra attuale riflessione.
L’età dell’Oro e dell’Argento
Guardando alle radici elleniche classiche della nostra cultura ritroviamo, infatti, il mito dell’età dell’oro e dell’argento. Nella prima di queste età, i primissimi uomini, creati dagli dèi, vivevano al tempo di Krónos ed il mondo era cullato da un’eterna primavera. Tali e quali agli dèi, gli uomini della stirpe aurea trascorrevano la loro esistenza con animo sgombro di angosce, lontani dalla fatica e dalla miseria, tra svaghi e danze, in serena allegria. Senza bisogno di giudici e di leggi, essi onoravano spontaneamente la lealtà e la rettitudine. Anche per questo, essi non vivevano in villaggi né mura, né si combattevano l’un l’altro; non esistevano quindi soldati, né armi di alcun tipo. Su di essi, poi, non incombeva neanche il decadimento della vecchiaia, ma sempre con lo stesso vigore conducevano la loro lunghissima esistenza, lontani da tutti i malanni. E quando giungeva infine il tempo della morte, chiudevano gli occhi come se fossero stati presi dal sonno. Quando però Krónos fu deposto, anche questa stirpe felice fu nascosta sotto la terra. Per volere del grande Zeús, essi divennero i daímones chrysoí, ovvero gli spiriti terrestri, custodi degli uomini mortali e instancabili osservatori delle loro opere, giuste e ingiuste. Vestiti dalle tenebre, essi vagano ovunque come dispensatori di fortuna e ricchezza.
Fu così l’età dell’argento quando il mondo passò sotto il dominio di Zeús che indusse nel mondo il ciclo delle quattro stagioni: l’estate, l’incostante autunno, il freddo inverno e una breve e timida primavera. Per la prima volta l’aria si fece allora incandescente, riarsa da secche vampate, o pendette in ghiaccioli sotto i morsi del vento. Una seconda stirpe di uomini, di molto inferiore alla prima, attraversò questa età. Secondo alcuni questi uomini furono creati dall’Olimpo, secondo altri, invece, spuntarono dalla terra. Fu comunque questa l’età in cui l’uomo iniziò a costruire ripari e abitazioni, per proteggersi dai cambiamenti climatici imposti da Zeús, oltre a coltivare la terra utilizzando gli aratri trainati dai buoi. Tali uomini, poi, rimanevano fanciulli per cento anni, giocando in casa, accanto alle loro madri venerande; ma quando infine giungevano alle soglie della giovinezza e diventavano uomini, la loro vita si svolgeva per un tempo brevissimo, con l’animo angosciato dalla gelosia e dalla follia. Deboli e litigiosi, trascuravano di onorare gli dèi immortali attraverso i riti sacrificali. Furono, per questo, gettati da Zeús nel sottosuolo. Trasformati così in daímones argyroí, essi divennero i beati degli inferi e, seppure di ordine inferiore, anche ad essi acquisirono il diritto di essere onorati dagli uomini delle altre età.
Discesa e risalita
In un tale mito classico (non mi soffermerò sull’età del bronzo, degli eroi e del ferro descritti in particolare da Esiodo) ritroviamo eco di una forma di discesa dalla perfezione all’imperfezione, tipica anche dello sviluppo del creato propria della visione cabalista del principio di Dio attraverso le Sephirot dell’Albero della Vita (al quale forse, nei prossimi anni, dedicheremo un ciclo di articoli mensili). Il Principio, fuori dal Tempo, che si fa tempo per ritrovare Sé stesso attraverso anche l’incoscienza e la sofferenza. Discesa e Risalita. Tutto però sembra partire dai principi derivati dell’oro e dell’argento che, a differenza della opposizione valoriale da noi attribuita loro dalle nostre beghe economiche, date dal misurare tutto per quantità a discapito della qualità, sembrano essere legati da un rapporto quasi a specchio, come d’altronde sono il Sole e lo Specchio Lunare per la prosperità del nostro Pianeta Terra.
Il mito di Changsega
Proseguendo su questa linea riflessiva, potremmo guardare alla mitologia coreana della creazione del mondo, della origine della natura e del mondo sociale. Tale mitologia, come per quella classica greca, tentava di spiegare come è iniziato il mondo e da dove provengano le persone; proprio per questo includevano, in genere, un primo uomo o una prima donna responsabili della creazione del mondo. Tale mitologia, comunque, consiste nelle storie tramandate in forma orale per migliaia di anni nella penisola coreana (e in forma scritta solo nei successivi periodi storici) attraverso tradizioni sciamaniche, ovvero riti che glorificavano gli dei.
Voglio qui guardare al mito di Changsega, un mito della creazione sciamanica originario dell’attuale Corea del Nord. La storia spiega come il cielo e la terra furono separati da un dio-gigante di nome Mireuk, che posizionò una colonna di rame in ogni angolo della terra per sostenere il cielo. Egli creò gli uomini a partire da cinque insetti d’oro e le donne da cinque insetti d’argento. L’umanità visse in maniera pacifica sotto il dominio di Mireuk, finché non apparve un altro gigante di nome Seokga, e i due gareggiarono per governare il mondo umano. Seokga vinse, ma la sua vittoria fu ingiusta ed è considerata, in questo mito, la fonte del male e del peccato nell’umanità.
Anche in questo mito ritroviamo alcuni aspetti, come quelli delle colonne, che richiamano altri simbolismi cari anche alle culture occidentali. È l’altronde indubitabile il legame inconscio tra il simbolismo della colonna e struttura vertebrale che sostiene il corpo umano. Come la colonna vertebrale sostiene il nostro corpo, così le colonne dei cieli sostengono e proteggono le nostre comunità e l’umanità intera di questo Pianeta.
Oriente ed Occidente
Come in altri articoli, ritroviamo come l’opposizione tra occidente e oriente è più questione di forma che non di sostanza, almeno per quanto concerne le radici del nostro pensiero comune, in quanto esseri umani.
Non posso, infine e proprio per questo, tacere sull’importanza simbolico-rituale che elementi come oro e argento hanno avuto nella tradizione alchemica non solo Europea. Gli alchimisti europei, come tutti sanno, ricercavano il modo di trasformare il Piombo in Oro; allo stesso modo, gli alchimisti arabi tentavano di trasformare l’Argento in altre sostanze per ottenere così l’Oro (non dobbiamo difatti dimenticare come la Mezzaluna, simbolo dell’Islam, sia direttamente associata ai simboli d’argento). Tutti i processi di trasmutazione, nella tradizione alchemica, passavano così attraverso procedimenti e fasi che dovevano tener conto della volta dei Cieli (quindi del Tempo, dell’età, in cui tali processi vengono svolti) e della pre-disposizione di chi li operava (cioè della condizione psicologica e spirituale dell’alchimista).
Il “sotto” si fa Specchio del “sopra”…ma per fare in modo che il rispecchiamento risulti veritiero ciò che è in basso necessità la comprensione vitale di ciò che è in alto…tutto, allora, procede mediante attraversamento…Chissà, forse questa è l’età dell’Uomo nel quale, Superando sé stesso (dopo aver attraversato bronzo e ferro), ritroverà l’Oro che ha Dimenticato di possedere dentro di Sé!
Salvatore Rotondi