CEDU, 2 SETTEMBRE 2021, AFFAIRE Z.B./FRANCE, RIC. 46883/2015
di Alessandro Gargiulo
È quanto sancito dalla CEDU nel confermare la liceità della condanna penale del ricorrente, escludendo una violazione dell’art.10 Cedu, nel caso Z.B. c. Francia (ric.46833/15) del 2 settembre. Infatti fu condannato a due mesi di carcere ed a saldare €.4000 di multa per apologia di crimini di attentato volontario alla vita per aver costretto il nipote di soli 3 anni ad andare all’asilo indossando una maglietta che gli aveva regalato: sulla parte frontale c’era scritto “Io sono una bomba!” e sul retro “Jihad, nata l’11 settembre”.
La preside venuta a conoscenza dell’accaduto denunciò il tutto alle competenti autorità che querelarono lo zio. Vani i ricorsi ed i tentativi di giustificarsi invocando la libertà d’espressione. Per gli stessi crimini fu condanna anche la madre del bambino.
La CEDU ribadisce che seppur protetto dall’art.10 (libertà d’espressione) lo humor è soggetto a limiti precisi e chi se ne avvale «si deve assumere i propri doveri e responsabilità».
Nella specie, stante il nome del nipotino (Jihad), che era nato il 9/9/09 ed il contesto storico sociale legato all’inizio della lotta al terrorismo dopo la strage della Torre Gemelle ed il verificarsi, pochi mesi prima, di un attentato in una scuola in cui erano morti tre bambini non lascia alcun dubbio sul tenore delle scritte: non volevano esaltare qualità e bellezza del bambino, né essere un gioco di parole né potevano essere considerate spiritose, bensì avevano il chiaro intento di esaltare atti criminali, presentandoli come favorevoli.
Si deve sempre contestualizzare le frasi ed in questo caso la minaccia continua di attentati, la solidarietà e la pietas suscitata dalle citate stragi dovute ad attentati terroristici non lasciavano dubbio sulla reale natura delle frasi incriminate.
Grave che sia stato strumentalizzato un bambino: non può nemmeno invocare che fosse un regalo di compleanno, donato in privato dato che la ha indossata in un luogo pubblico, in mezzo ad altri bambini dell’asilo e la maglia è stata notata anche da due adulti. Si ricordi che stante la giovanissima età non era in grado di scegliere i vestiti ed indossarli da solo, ma era stato vestito da madre e zio giustamente condannati.
La CEDU rimarca come l’art.17 Cedu (divieto d’abuso di diritto) vieti esplicitamente a chiunque di «trarre dalla Convenzione un diritto che consenta loro di esercitare un’attività o di compiere un atto volto alla distruzione dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Convenzione; (…) pertanto, nessuno dovrebbe poter invocare le disposizioni della Convenzione per intraprendere atti volti alla distruzione dei diritti e delle libertà cui si fa riferimento».
Per altro vi è una prassi consolidata (Perinçek c. Svizzera [GC] e M’Bala M’Bala (Dieudonné) c. Francia del 2015, Lilliendahl c. Islanda del 121/5/20) che esclude la possibilità d’invocare la libertà di espressione per fatti, atti, discorsi, diretti od indiretti, in cui si esalti, accetti o tolleri il negazionismo, i crimini d’odio o razzisti (antisemitismo, islamofobia etc.) relativi a spettaccoli,libri, articoli sui giornali, online, in post sui social etc.
Nella specie non c’è nulla che indichi un’immediata evidenza a voler distruggere le libertà ed i diritti altrui, dato che non era inserito in un sistema di diffusione dell’odio e di propaganda estremistica né era affilato a nessun gruppo terrorista, ciò nonostante l’offesa alla memoria delle vittime delle Torri Gemelle non può giustificare nessuna invocazione della tutela della libertà d’espressione per i motivi sinora esplicati.
Quindi, spettando alle autorità ed alle Corti interne l’esegesi delle leggi nazionali, per la CEDU è stato attuato un equo bilanciamento tra i contrapposti diritti e le sanzioni penali inflitte al ricorrente sono proporzionate, hanno base legale e perseguono i suddetti fini legittimi, tanto più che la lotta al terrorismo, agli omicidi di massa ed ai crimini di odio sono ragioni pertinenti e sufficienti per giustificare un’ingerenza nella libertà d’espressione del ricorrente (Ayoub ed altri c. Francia dell’8/10/20).
Alessandro Gargiulo