di Salvatore Rotondi
“Qualunque decisione tu abbia preso per il tuo futuro, sei autorizzato, e direi incoraggiato, a sottoporla ad un continuo esame, pronto a cambiarla, se non risponde più ai tuoi desideri.”
(Rita Levi-Montalcini)
“Il guerriero sa che è libero di scegliere ciò che desidera: le sue decisioni sono prese con coraggio, distacco e, talvolta, con una certa dose di follia.” (Paulo Coelho)
“L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza.” (Giovanni Falcone)
“È bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola.” (Paolo Borsellino)
“Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno.” (Martin Luther King)
Desiderio e Paura
Chi è tra di noi che non abbia mai avuto un desiderio oppure una paura? In un certo senso questi termini hanno il potere di richiamare alla nostra memoria tanti di quei ricordi da soverchiare qualsiasi pensiero che stiamo facendo qui ed ora. A volte possiamo ritrovarci persi all’interno dei nostri desideri che prendono la forma di veri e propri sogni ad occhi aperti. Allo stesso modo possiamo ritrovarci totalmente bloccati innanzi alla Paura ed alle molteplici forme che essa può assumere, quando ci frena nei nostri gesti o quando ne compiamo altri con l’intento di difenderci da qualcosa che sentiamo in noi soverchiante o, addirittura, per fuggire da situazioni che avvertiamo come deleterie per la nostra incolumità fisica e/o psichica; situazioni che sfuggono al nostro controllo, al nostro potere, promosse e gestite dall’Altro, da quel qualcosa che proviene dal fuori di Noi stessi e che spinge o preme alla responsività.
Noi esseri umani siamo enti Desideranti e Paurosi, spinti dalla forma dei Sogni che ci parlano della forza del Desiderio e frenati dall’angoscia del perdersi, del lasciarsi scivolare nell’indefinito senza potere, terrorizzati dalla Paura di non essere più come siamo, abbandonati nell’abbraccio infinito della dea Kalì, generatrice e distruggitrice, come ogni potere generatore come quello della maternità ci ricorda ogni volta che osserviamo un infante nelle braccia di sua madre. Lì non c’è Paura né Desiderio; lì si trova l’origine di quello che le supera entrambe e, allo stesso tempo, le contiene.
Nell’Abbraccio aperto, nell’Esserci puro e semplice, che anche da adulti possiamo rivivere, in quell’holding accompagnata all’handling tanto cara alla madre sufficientemente buona di Winnicott, ritroviamo l’origine di tutto il nostro cercare ed il possibile rifugio di ogni nostra pena. Nell’Abbraccio chiuso, serrato, appropriativo, proprio degli amplessi, ritroviamo la paradossale contrapposizione tra Desiderio e Paura: il desiderio passionale appagato di essere con l’altro (possibilmente senza confondersi con esso) e la paura di perdersi definitivamente, senza lasciare traccia di sé; un dolore immane misto ad un piacere che, a volte, raggiunge qualcosa di mistico senza però mai afferrarlo e comprenderlo.
Tra la ricerca delle stelle e la fuga dalle stesse

Se pensiamo all’origine etimologica del termine “Desiderio” notiamo che esso deriva dal latino e si compone della preposizione “de-“ che in latino ha sempre un’accezione negativa e dal termine “sidus” che significa, letteralmente, stella. Pertanto, Desiderare sembra stare ad indicare, letteralmente, una “mancanza di stelle”, nel senso di “avvertire la mancanza delle stelle”, ovvero di quei presagi, vaticini positivi, di quella guida che da sempre ha riportato gli antichi marinai a casa; per estensione, quindi, nel suo essere verbo ha assunto anche l’accezione corrente, intesa come percezione di una mancanza e, di conseguenza, come sentimento di ricerca appassionata. La ricerca, infatti, che spinge ogni essere umano a cercare di andare al di là di sé stesso, verso l’Altro che, però, allo stesso tempo gli fa Paura.
Il Desiderio è quindi un sentimento intenso, molto spesso alla base delle motivazioni che ci spingono verso la ricerca del possesso, del conseguimento o dell’attuazione di quanto possa appagare un nostro bisogno fisico o spirituale nato da un senso di profonda mancanza. In un certo senso, quindi, spinti dal Desiderio ricerchiamo qualcosa che già avevamo ma che sentiamo profondamente di aver perso e/o dimenticato.
L’origine etimologica del termine Paura, invece, ci dona altre informazioni utili a questa nostra riflessione. Questa parola, infatti, viene ricondotta alla radice indoeuropea “pat-“ che significa, letteralmente, percuotere ed in senso figurato incutere timore, atterrire. Possiamo poi notare che da questa stessa radice derivano termini come il greco παίω (paio) e poi il latino pavor (cioè, paura e timore); tutti termini, questi, che stanno ad indicare un senso di abbattimento, timore personale. Dobbiamo altresì ricordare come la Paura sia un sentimento ancestrale che accomuna gran parte del regno animale: la paura, come sensazione di una dimensione di pericolo, è uno strumento fondamentale proprio ai fini della sopravvivenza, capace di farci andare anche al di là delle nostre più profonde convinzioni. D’altronde, anche se però da un punto di vista evolutivo la paura è così importante, non è difatti un sentimento piacevole, e si può spesso scontrare con la sfera morale: è quella parte del sentimento adrenalinico che impone la fuga e la propria salvezza sopra ad ogni altra considerazione ulteriore.
La Paura, quindi, ci costringe nei nostri confini, li protegge, li definisce, ci definisce nella nostra individualità, anche attraverso quel senso di insicurezza che noi impariamo ad affrontare quando ci lanciamo, da bambini, nell’esplorazione del mondo che ci circonda. La Paura ci ricorda costantemente che, forse, oltre l’orizzonte, oltre le colonne d’ercole, oltre noi stessi, non c’è niente di piacevole, di sublime, che allora è meglio stare così come stiamo e fortificare le nostre certezze, così da sentire sempre meno paura mentre, però, per converso sentiamo montare il Desiderio di tornare a riveder le stelle, così come Dante fece insieme al suo Virgilio.
Attraversare l’Inferno della Paura, per Risalire la Montagna del Desiderio e giungere alle porte del Paradiso, di quell’Abbraccio Aperto che non è privo di passione ma contiene in sé il nostro Stupore innanzi all’ineluttabilità del Creato, dell’Esserci, che richiama al piacere della Contemplazione di un Sentimento che supera l’individualità di ognuno di Noi, anche se in ogni singolo elemento dell’umanità tale sentimento ritrova un frammento di sé.
Nell’archetipo degli Amanti innanzi alla Stella, alla Luce divina, si ripresenta la Speranza di nuove forme di Esistenza, tutte ancora da Scoprire… ma poste, inevitabilmente, aldilà di Paura e Desiderio… chissà, forse proprio in quel “senza memoria e senza desiderio” (W. Bion, 1992) propria dell’epoché bioniana.
Salvatore Rotondi