Il Consiglio d’Europa boccia il Green pass: il passaporto vaccinale è contrario alla scienza


Intanto sembra che non vi siano dati sulla misura anticorpale “giusta” per l’immunizazzione

Mentre in Italia si discute ancora dell’utilizzo del Green pass e della sua durata (illimitata secondo le utlime indiscrezioni per chi ha compiuto il ciclo vaccinale “completo”) e si parla della possibilità di mettere in dad i bambini non vaccinati (in caso di positività in classe), il Consiglio d’Europa boccia l’utilizzo delle certificazioni verdi, in quanto discriminatorie e contrarie alla scienza.
La notizia riportata da Il Fatto quotidiano, ha fatto il giro del web suscitando scalpore: il voto del Consiglio, pur se privo del carattere vincolante, di fatto scredita l’operato del Governo italiano. In un recente rapporto il Consiglio, nell’affermare che i passaporti sanitari “puniscono i non vaccinati“, ha invitato gli Stati ad informare la cittadinanza che non sussiste alcun obbligo vaccinale e nel contempo li ha esortati a non discriminare chi non si sottopone all’inoculazione del vaccino.
In effetti, allo stato attuale, mancano dati sulla reale efficacia dei vaccini sia relativamente alla riduzione del contagio e rispetto alla durata della immunità acquisita: tutti i vaccini approvati dall’Ema si sono rivelati efficaci nella prevenzione delle forme gravi della SARS-CoV-2 ma non hanno stroncato la circolazione del virus che continua ad infettare e a replicarsi con grande velocità.

Intanto dall’ISS giunge la notizia che la risposta anticorpale acquisita o mediante vaccino o mediante infezione sia non sufficiente ad immunizzare l’organismo e quindi, a proteggerlo dal contrarre l’infezione in futuro.
In una nota esplicativa del 25.01.2022, alla richiesta di spiegare, sulla base delle evidenze delle ultime ricerche scientifiche, le ragioni per le quali è possibile o meno prevedere l’estensione o l’esenzione dell’uso delle certificazioni verdi COVID-19 da utilizzare in ambito nazionale per i soggetti in possesso di certificazione medica attestante l’effettuazione di un test sierologico che accerti la presenza di anticorpi neutralizzanti anti SARS-CoV-2 in quantita uguale o superiore ad un valore stailito dal Ministero della Salute, l’Istituto afferma che i test sierologici (utilizzati per la rivelazione di anticorpi diretti contro SARS -CoV-2) “sono in grado di rilevare l’esposizione al virus/vaccino ma non possono ad oggi essere utilizzati per confermare o meno un’infezione in atto nè tanto meno un sicuro livello di protezione nei confronti dell’infezione da SARS -CoV-2. Nessuno dei test attualmente disponibili è stato pecificatamente autorizzato per valutare l’immunità o la protezione di coloro che hanno avuto l’infezione o sono state vaccinate.”
In buona sostanza, anche se il riscontro di anticorpi suggerisce la presenza di una risposta immunitaria, non è noto se tali livelli anticorpali siano in grado di fornire una protezione sufficiente e per quanto tempo possa essere duratura, fornendo pertanto un quadro parziale della risposta immunitaria di un individuo.
L’Iss conclude affermando che “sebbene il rilevamento di anticorpi in un test sierologico possa fornire prove di infezione o vaccinazione pregressa e quindi di una possibile protezione, non esiste ad oggi un livello di anticorpi misurato secondo gli standard internazionali che assicuri una protezione nei confronti dell’infezione da SARS -CoV -2 nelle sue varianti e quanto essa duri; di conseguenza, al momento attuale non è definibile un livello di anticorpi neutralizzanti che sia in grado di indicare se una persona debba o meno essere vaccinata /possa avere accesso o meno alla certificazione verde COVID-19.”

Oscar

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