di Salvatore Rotondi
“La prudenza ha un solo occhio, il senno di poi ne ha tanti.” (Goethe)
“La prudenza è una grande virtù, ma l’incertezza è di enorme danno, sia nella vita pubblica che in quella privata.” (Giulio Andreotti)
“Sii umile di cuore, grave nelle parole, prudente nelle tue risoluzioni.” (Padre Pio)
“Aspettati veleno dall’acqua stagnante.” (William Blake)
“Un cauto e prudente autocontrollo è la radice della saggezza.” (Robert Burns)
“Quando entri in un Tesoro, fa’ attenzione a non uscirne finché non hai compreso ciò che contiene.” (Maometto)
Come quasi tutti i bambini, dai miei primi passi ciò che mi ha spinto ad andare avanti è la mia profonda curiosità. Bastava anche una minima linea di luce ha farmi chiedere: cosa si cela lì, cosa riesce ad illuminare questo buio e, soprattutto, perché? Le domande che affollavano la mia mente e il potere acquisito con la coordinazione dei miei movimenti, mi permetteva di assaporare la libertà di andare sempre oltre…con sommo terrore di mia madre. Niente sembrava potermi ostacolare. Ogni volta che dichiaravo di voler fare qualcosa, mi sentivo dire: sii Prudente!!! Prudenza? Io? Non ci hanno mai presentato!
Cos’è la Prudenza
Cos’è allora la Prudenza? Prudentia è parola latina derivata da quella greca phronesis significante appunto prudenza ma anche provvidenza e saggezza pratica (poiché è di coloro che possiedono la scienza del bene e del male, la quale insegna a ben giudicare le cose da farsi o da rifuggire). Questa parola è, d’altronde, uno dei cardini della vita morale fin dai tempi di Aristotele ma è con la cultura cristiana che essa acquisisce lo status di una delle quattro virtù cardinali. Dai tempi, poi, del filosofo Immanuel Kant, l’idea di prudenza ha sempre più acquisito il senso di semplici precetti tecnico-pratici, indicando una forma di abilità grazie alla quale è possibile raggiungere determinati scopi: una forma di scaltrezza che, sempre per Kant, si esprimeva in particolare nella capacità di avere influenza sugli uomini e sulla loro volontà (in una prospettiva, quindi, di filosofia teoretica). Spettano invece alla filosofia pratica (ovvero alla morale), i “precetti etico-pratici”, cioè quelle leggi senza precedente riferimento a scopi ed intenzioni specifiche e determinati solo dal “concetto della libertà”.
Morale e abilità applicate: oggi sembrano sempre più separate nei loro universi concettuali specifici. Eppure, se esercitassimo veramente ciò che significa “Prudenza” riusciremmo facilmente a scovare quel ponte che potrebbe congiungere, anche se con non poche frustrazioni, queste Sfere che si mostrano, a noi, molte volte così lontane tra loro.
Prudenza e Covid
Pensiamo, ad esempio, a tutta la situazione nata durante la pandemia da Covid-19: sì o no ai vaccini? I fautori delle vaccinazioni proponevano le loro ragioni appellandosi a “precetti etico-pratici”, ovvero alla nostra natura di animali sociali, di individui che hanno le radici della propria identità insite nel senso di appartenenza a gruppi, comunità, nazionalità, cultura, etc.: chi si vaccinava lo avrebbe fatto pensando anche al proprio “fratello”, a coloro ai quali si è legati, perché nessun essere umano può dirsi tale se non considera l’Altro da Sé. I sostenitori del no, invece, portavano argomentazioni che valorizzavano il diritto alla libertà individuale, alla sopravvivenza, alla mancanza di “certezze” ed “evidenze” scientifiche solide rispetto a vaccini che erano stati prodotti con fin troppa rapidità: come era possibile avere un prodotto affidabile quando i tempi di ricerca, sperimentazione e produzione, solitamente, richiedevano anni e anni?
Innanzi a tali argomentazioni, milioni di persone si sono divise in opposte fazioni. Due sponde divise dallo stesso Fiume Lete della tragedia collettiva pandemica. In tale prospettiva non mi sembra sbagliato cogliere nel “Ponte Prudenza” una opportunità per le genti umane di riconoscerci una capacità fin troppo dimenticata. Prudenza, infatti, non significa immobilità ma capacità di avanzare in modo riflessivo, partecipare con consapevolezza e saggezza a quanto sta avvenendo, tenere conto delle ragioni di tutti e fare passi sensati senza necessariamente buttare via sé stessi. In tal senso, allora, mi ritornano in mente le persone considerate “coraggiose” perché pronte a “donarsi” alla scienza come volontari per i primi trial sperimentali: incoscienti o prudenti? Personalmente propendo per la seconda opzione: persone capaci di informarsi, valutare dati e composti, disposte con fiducia ad aderire a qualcosa che avrebbe potuto avere vantaggi e svantaggi, desiderose in primis di andare là dove quel filo di luce diceva che vi erano possibilità di vita, coloro che erano pronte ad attraversare il ponte della frustrazione e del dolore per passare tra le sponde e crescere come individui capaci di stare in comunità, senza per questo odiarla ed odiare la propria natura.
È in questa prospettiva che mi piace recuperare il motto che Kant stesso, nella sua opera “Per la pace perpetua” (1795), usa per indicare la filosofia che deve muovere l’uomo sociale (lui lo definisce politico) fermo nei suoi principi: “fiat iustitia, pereat mundus”, ovvero “sia fatta giustizia anche se perisse il mondo”. Ovviamente qui con senso di giustizia mi piace intendere ciò che è espressione reale dello Spirito Umano nel suo svolgersi pieno, al di là della schiavitù della Paura di sé stesso. A tal proposito, allora, allo stesso tempo mi piace recuperare la variazione hegeliana del motto, ovvero “Fiat iustitia ne pereat mundus” (Sia fatta giustizia affinché non perisca il mondo). Il Mondo, in tal senso, diviene allora lo scenario esistenziale dove viene a svolgersi la trasformazione continua delle forme della natura umana: scenario da preservare proprio attraverso lo sguardo riflessivo della Prudenza.
Mi ritorna in mentre così l’opera fumettistica di Alan Moore dal titolo “Watchman” (uscita per la DC Comics tra il 1986 e il 1987). Pensando alla cronaca degli ultimi mesi, sembrano essere ritornati quel clima mondale e quell’ambientazione di perdita di valori e morale tanto sottolineati dai personaggi di quel fumetto e ben rappresentati poi nel film del 2009 di Zack Snyder. La Paura sembra essere tornata come l’unica forma di controllo della deriva autodistruttiva della natura umana. Eppure, la storia dell’Uomo e la sua cultura (sia occidentale che orientale) continuano a raccontarci di una profonda volontà di uscire dalla Caverna Platonica e di immersi in una Luce nuova, alla quale i nostri occhi faticano ad adattarsi ma che continuano ad agognare.
Cosa possiamo opporre al Velo della Paura se non la fermezza della Prudenza? Nel fumetto come nel film la sfiducia nell’essere umano e nella sua cultura hanno portato ad una unica e grande tragedia collettiva capace di unire i popoli nell’inganno, nella manipolazione delle menti e della conoscenza, pur di evitare quello che sembra essere inevitabile.
Eppure, nel racconto stesso, la voce narrante di un eroe mascherato, Rorschach (riuscito a restare a piede libero grazie all’esercizio della prudenza), cerca di condurci ad una semplice riflessione: l’essere umano non vorrà restare, per sempre, incatenato tra gli istinti della propria animalità e il desiderio della conoscenza. Rorschach, poi, alla fine pagherà con la vita la stessa coerenza con il proprio sé (e l’aver ceduto al proprio desiderio istintuale facendosi vendetta con le proprie mani per la morte di una bambina), a testimonianza del proprio “dono” esistenziale attraverso la consegna ai posteri del proprio diario personale.
La Prudenza, allora, nonostante l’esempio fumettisticamente tragico appena portato, resta pur sempre una virtù che fa riferimento alla “felicità” come Bene in sé, nel senso di pienezza della nostra vita, ben più significativa, quindi, di un semplice calcolo delle convenienze.
L’uomo saggio e prudente
Proprio in questo, la prudenza si fa sostanzialmente una virtù che realizza il proprio fine nell’atto stesso in cui essa si esercita in quanto virtù. Difatti essa è la prima dell’elenco delle quattro virtù cardinali cristiane (le altre sono giustizia, fortezza e temperanza), ovvero una “disposizione abituale e ferma a fare il bene” volto a dispiegare “tutte le potenzialità dell’essere umano a entrare in comunione con l’amore divino” (Catechismo, 1804). Le virtù, d’altronde, permettono non soltanto di compiere atti buoni ma soprattutto di dare il meglio di sé, perché la persona virtuosa cerca e prepara il bene; lo sceglie in azioni concrete e lo rende possibile ad altri.
L’uomo saggio e prudente è dunque l’uomo d’azione, colui che agisce con virtù e, agendo, realizza il bene per sé e per gli altri. Saggi sono quegli uomini capaci di vedere ciò che è bene per loro e per gli uomini in generale, capaci di amministrare la cosa pubblica senza essere sfiorati dall’idea che il bene possa essere imposto agli individui contro la loro volontà.
Andare così all’essenza della nostra volontà umana mi sembra, in conclusione, il senso più intimo della Prudenza in quanto pilastro di saggezza di tutte le nostre virtù: riuscire a guardare le cose come sono, senza preconcetti, liberi dalle deformazioni, dalla paura, dagli interessi personali o collettivi, dalle temibili semplificazioni che ci sembrano dare finalmente la chiarezza e la risposta attesa e invece cancellano il principio di realtà, riducendo quest’ultima solamente a quello che io penso di vedere, non comprendendone così le correnti profonde e, conseguentemente, non sapendole cambiare.
a cura di Salvatore Rotondi